Più invecchio più ‘lievito’ nel surreale. E' la mia ultima soluzione. Non sono credente e in qualche direzione devo pur andare. Non scendere come gli uomini con l'ombrello, ma salire. Volare nel Bleu.
Perché mai bisogna vestirsi alla festa, darsi cipria e borotalco, per fare compagnia alla morte che ci prende sottobraccio? Non spiego queste idee alla Dora. E' ortodossa, credente… e che ortodossa sia!
Non sapendo a chi rivolgermi, corro al mio passato di bambino. Dovete sapere: io a Celle abitavo al primo piano di via S. Antonio.
A Celle i funerali seri si dovevano fare solo fuori stagione... senza bagnanti ‘in ti pé’. Solo allora gli uomini tiravano fuori i loro completi bleu. Lucidi, stretti, larghi, lunghi, ma rigorosamente bleu. Quel blu luccicava sulle spalle come la brillantina nei capelli e le voci crescevano prima che la bara arrivasse. Anche quella tirata a lucido. Ma la mia attenzione sceglieva le scarpe. Perché? Erano scarpe nere a punta, strette, con lunghe stringhe... e io, non 'sadico' ma curioso, mi chiedevo: "Chissà come stanno quei piedi larghi e nodosi, prigionieri in quelle casse da morto in pelle". Avevo già il gusto del surreale. La fantasia di bambino associava tutto, anche perché io, diversi di quei piedi, li conoscevo. E se non li conoscevo li potevo immaginare. Ero sempre in giro a vedere pescatori, muratori, uomini di fatica, e tutti gli uomini lavoravano a piedi nudi... per fare forza. Portavano gambali, ciabatte e sandali solo nel riposo. I piedi diventavano con gli anni sempre più larghi e anche con la misura in più le scarpe una prigione.