Questa è la domanda che mi ha fatto Raffaele Arecco in una mattina di sole. L'ha fatta seriamente e mi fissava con quegli occhi che non 'lasciavano mai la presa'. Non a caso, nella foto, si intuisce l'ansia di andare al di là del cielo. Isabella al suo fianco ha la pazienza di chi ha sposato non solo l'uomo, ma l'artista. Mi ricordo che quella volta non ho risposto alla sua domanda. Ci ho pensato e ho capito come il gatto fosse sintesi dei suoi desideri... ma non riuscivo a capire perché si era sposato e perché continuava a lamentarsi di non avere un tetto di sua proprietà sopra la testa. Era un gatto al 50%. Io ho avuto la fortuna di esserne amico per molti anni, da quando ero ragazzo. Nel 2010 è stata pubblicata questa mia intervista. Ho scritto una presentazione di Raffaele Arecco, pubblicata nel libro del Prof. Gian Luigi Bruzzone 'Personaggi di Celle'. Quest'opera ha accompagnato tutta la mia vita. Mi è stato donato da mia madre come regalo di nozze. Quindi è naturale che Arecco si sia impegnato in una misura così grande e in una qualità che non ho mai ritrovato in un suo quadro figurativo. Ci ha seguiti per 50 anni di matrimonio, sempre là, sempre su quella parete, ha ascoltato momenti di gioia, di tristezza, di brindisi e di grandi liti. Con questo dipinto alle spalle ho scritto migliaia di parole. Sento che mi guarda dall'alto e mi ricorda le mie origini.
Mi scrive il caro amico Sasha Benedetti: E' una mia foto personale, a cui sono particolarmente affezionato. E' stata scattata da un caro amico geologo che condivide questa inspiegabile passione per le onde. 28 Ottobre 2012: mareggiata pompata da una circolazione depressionaria piuttosto involuta ed aggressiva, tempo brutto, mare urlante, vento, e tanta sfida, con le onde. Scatti buoni quel giorno furono una vera conquista. Questo mare, immortalato da Sasha, è il mare in cui entravo solo io. Partendo dalla spiaggia libera, per non creare problemi ai bagnini. Anche questa foto, in tempi molto precedenti, è stata scattata da Alessandro Benedetti, Sasha. A Celle, già da ragazzo, era conosciuto come 'il fotografo delle mareggiate'. Quando si alzava il libeccio, i bagnini dei Lido gli telefonavano. Lui, anche di notte, partiva da Milano con la macchina fotografica, per 'fermare' le onde più belle.
Per maggiori info e tante incredibili foto: www.sashawaves.com Alle tre in punto mi alzo. Sono sicuro di trovare la persona che mi vuole bene in modo misterioso e platonico. So che in un'altra vita io sarei stato per lei il compagno ideale. Unendo fantasia e concretezza avremmo prodotto qualcosa di più dolce dei cuneesi. Io sapevo che tu ci saresti stata, e con i panni 'old fashion' dell'educatrice. Eppure come facevi a non immaginarlo? Ho aperto il computer e ho visto subito il nome della Pasticceria, anzi la 'vecchia pasticceria' di Cuneo, "Arione"; ho telefonato alla signora Pierina Zanchetta, una gonnella svolazzante di settanta primavere. E' una grande Signora qui a Celle Ligure, che non ha nulla di 'svolazzante'. Le ho regalato due quadri tempo fa, perchè ha capito la mia pittura, e dettagli di arredo della mia casa 'disarticolata con gusto'. Oggi i miei quadri non li regalo più a nessuno, anzi ho cercato di ricomprarli senza successo. La signora Pierina Zanchetta è sposata con il marito Armando, un uomo cicciotto, un po' paonazzo, sempre felice e sorridente: prima cameriere in Francia, poi controllore comunale del Gas a Celle, dove è più popolare del Sindaco. L'Armando sorride sempre come quei camerieri francesi, che si muovono tra i tavoli con il tovagliolo sul braccio e la camminata a suole larghe. E ti fanno venire fame e voglia di ordinare. Mi diverto a divagare, vista anche l'ora. E' che devo superare il 'guado dell'insonnia'. Insomma la conclusione di tutto questo' giro di braghe' e che la Pierina oggi andrà a Cuneo, entrerà con l'Armando nella pasticceria "Arione" e mi comprerà due scatole di Cuneesi al rhum, E io tra un mese sarò al "Fleming" di Albissola a controllare il tasso glicemico. Ormai sono così vecchio, così post-adulto che mangio i cioccolatini. Proprio io che ho sempre amato il salato e il piccante. Non ho neppure voglia di pensare a miei nipoti, distratti e solitari con i loro 'tablet'. Hanno sempre gli occhi verso il basso, s'incurvano, e se fossero in sei a un tavolo di un ristorante parlerebbero con altri sei lontani. E il cameriere sorridente Armando Zanchetta? Lo butterebbero giù dall'auto in corsa, come il mio amico Jannacci. Ma di lui, Mogol, Pozzetto...vi parlerò un altra volta. Quando c’erano le libecciate d’inverno, due persone andavano avanti e indietro sulla spiaggia. Erano coperti e con le scarpe. Portare le scarpe in spiaggia qui è cosa non apprezzata. Ma quei due erano dei professionisti della ricerca dell’oro. Io ho visto su National Geografic uomini che ‘sparano’ getti d’acqua sulle rocce e setacciano la sabbia raccolta. Ho sempre l’impressione che si tratti di una commedia: sono troppo ciccioni e allegri. A Celle, quei due, non facevano teatro. Erano Raffaele Arecco e Ali Manzi. Tranne il rumore violento del mare, la risacca e i gabbiani che scappavano verso il largo, c’erano solo loro due. Si incrociavano, neppure guardandosi, da San Sebastiano al pennello e dal pennello a San Sebastiano. Non si trattava di monete d’oro e neppure di brillanti. Solo piccoli anelli persi dai bagnanti durante l’estate e qualche moneta da 100 o 500 Lire, corrosa dal salino. Mettevano il bottino in tasca. Mi ricordo che Arecco aveva una scatola di biscotti dove teneva ‘il raccolto’ di un anno e tre orologi da signora. Un giorno i ladri sono entrati, su da quella scala che era una Via Crucis. Gli hanno portato via non i quadri, ma il televisore e quella scatoletta.
Io andavo sempre con Raffaele Arecco, anche se ero amico di Ali. Raffaele era nato attore e con lui era sempre una sorpresa. Ogni cosa che faceva era accompagnata da gesti rituali, come fosse uno sciamano. Mi ripeteva: “Devi arrivare nel momento giusto, perché la schiuma dell’onda copre e ricopre. E’ l’attimo quello che conta. Altro che andare per funghi!”. Tutto questo avveniva in silenzio. Arecco teneva una canna in mano e ogni tanto segnava il maglioncino amaranto di Ali che stava tornando dalla parte opposta: “U g’ha ninte?”. Un giorno, stanco, mi guarda, stringe le sopracciglia e mi dice: “Gugi, A volte mi chiedo perché non sono nato gatto!”. Il dialetto ligure, l'ho imparato fin da quando ero bambino. Liguri e genovesi sono sempre stati grandi navigatori del Mediterraneo e degli oceani. E così trovo nel linguaggio di oggi molte assonanze.
Pettegolezzi = ceti = chattare Lamento = Mugugnu. Per il Prof. Pier Luigi Bruzzone è "mini" soddisfazione che non ha nessun effetto. Quasi un 'diritto' che fa parte del salario. I poeti liguri lo paragonano al rumore della ghiaia portata dalle onde. Al lunedì, nei sondaggi di Mentana, il 'mugugno' si traduce in scheda bianca. 'I manezzi pe majâ na figgia'. Sono diventati i rapporti tra Incalza e Lupi. Domani saranno altri. Carciofo = articiocca = artichaut in inglese Pomodoro = tomata = tomate in inglese Suggeritemene altri, anche perché se proseguo divento noioso. Una curiosità: Magone = magón = Nodo alla gola causato dal pianto. Deriva da Magone, fratello di Annibale che nel 205 a.C. distrusse Genova e portò il bottino a Savona. Quell'arrivo determinò una distruzione tale di Genova che ancora oggi si dice m'è vegnuo u magòn. Chiedo scusa agli esperti di dialetto genovese per eventuali errori di scrittura. Le dispute sono inutili. Quello che conta, per me, sono le 'connessioni'. Metodo filosofico presente anche nella mia pittura. A Celle Ligure ci sono stati, in tempi lontani, veri sportivi. Non prendevano una lira e non erano accompagnati da familiari che litigano con allenatori e arbitro. Rappresentavano il nostro paese sui campi di tutta la Liguria. Le medaglie erano piccole e di vermeil. Questa è la prima foto che ho trovato della squadra del Celle del 1948. (La fotografia mi è stata gentilmente donata direttamente dal figlio di Santi Rebagliati, il sig. Davide.) Formazione da sinistra in alto: Tinti, Pinghelli Armando, Gambetta Dante, Ramognino Leonardo, Bianconcini Ubaldo, Beltrami Benedetto. Da sinistra accosciati: Cerisola Enrico, Bellotto Bartolomeo, Mozzone Mauro, Rebagliati Santi, Gerardi Amos.
La prima donna di cui mi sia innamorato era figlia di un Panettiere Ligure. Ho cominciato a mangiare focaccia tutte le mattine: sceglievo l'ora in cui lei veniva dietro il Bancone. Io non la vedevo mai intera, ma solo i capelli corti e ricci, gli occhi castani. Portava sempre un vestito che sembrava tagliato da una tovaglia, ma il seno era disegnato bene. E io pensavo a quello: non mi interessava che alcuni mi dicessero che era bassotta di sedere e di gamba corta, a me interessava quella metà, pallida come chi sta sempre in mezzo alla farina. Io credevo che capisse, ci stavo dei minuti: focaccia semplice, con le cipolle, focaccia alta, bassa. Finivo sempre per aspettare le prossime teglie. Appena sfornate sono calde e vale la pena aver pazienza. Diventando grande non ho mai avuto pazienza. Allora che non sapevo nemmeno cosa fosse un bacio vero e avevo visto una volta un seno, quello di mia madre, avrei aspettato una vita. Mi sedevo su quei sacchi grossi di castagne secche, di fagioli, di fave che stavano a terra nelle panetterie. Di notte, a letto, quando mia zia dormiva, cantavo quasi in silenzio 'Anema e core': "Tennimoce acussi', anema e core, nu ce lasciammo chiu'manco pe n' ora". Una mattina con pantaloni corti tirai una riga nei capelli umidi e andai dalla panetteria. Entrai e dissi: "Carla, vieni fuori un minuto, ti devo cantare una canzone. Scusami sono un po' stonato, ma l'ho provata, e riprovata". Ascolta "Anema e core" interpretata da Nick
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Guglielmo SpotornoChiamato Gugi, è più cellese che milanese. Archivi
October 2021
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