Quante volte in situazioni in cui è richiesto un risultato, non si ottiene quasi mai proprio il risultato ambito, quello per il quale ci si è spesi con sforzi magari anche dispensati al meglio delle possibilità. E quando questo succede, si ha un po' la sensazione che quanto separa dall'eccellenza sia stato riempito dalla fortuna, da circostanze casuali. Se vuoi dieci prenderai otto. Se vuoi otto punta al dieci.
Se prendi dieci, i due che mancano è dal sacco della fortuna che sono usciti, e non sono farina del tuo. La volta che prendi dieci e la fortuna non era lì, allora sei stato iperbolico.
Le onde del mare sono una esibizione iperbolica che mi avvince da sempre, e qualunque tentativo di narrazione non arriva all'eccellenza.
Io vivo con questa consapevolezza.
Ho iniziato a fotografarle 31 anni fa, esattamente. Ricordo molto bene che l’unico scopo con cui vuotai due rullini davanti a quella mareggiata estiva del 1986, era quello di trattenere schegge di felicità. Nessuna velleità estetica, solo poter rivedere, dopo, l’onda ormai scomparsa. E in parte funzionava..
Dopo trent'anni fotografo le onde con scopi immutati. Tuttavia, essendo la fotografia uno strumento, l’evoluzione tecnico-estetica è un fatto che è lecito sia perseguito. Oggi, mi capita che qualche mia immagine ottenga qualche apprezzamento...
Nella vita mi sono imbattuto in tante opere dedicate all'onda: figurative, letterarie, musicali. Raramente però ho avuto la sensazione di assaggiare, o anche solo intravedere l’iperbolico.
In verità, un artista mi ci ha portato.
“..Stando sul lido che fa da baluardo,
I marosi respinti sferzano le nubi,
e issati dal vento I cavalloni,
inarcando e mostruose criniere,
sembrano inondare il carro ardente
e soggiogare le due stelle a guardia della Polare.
Io non ho mai visto un tal sconvolgimento di irati flutti.”
Solo con una narrazione iperbolica, W. Shakespeare (Otello, atto II, scena I) ha ottenuto un risultato eccellente, in cui la riproduzione non abdica al vero.
Per eccellere bisogna essere iperbolici.
Sasha
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