Guglielmo Spotorno
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Un semino d'acero e l'aiuola.

20/4/2017

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A me queste poche righe son subito piaciute. Non so, forse l'ondata Madre fotografata da "Sasha" (Alessandro Benedetti) ha portato tutto a riva: Fede, speranza, carità, metafore, citazioni, avverbi, agettivi, analisi e sintesi... tutto di troppo: Licinio che scrive e io, Guglielmo, che leggo, ci troviamo finalmente dentro a una forza che ci fa galleggiare con il semplice e solo scopo di non annegare. 
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Un semino d'acero e l'aiuola.

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Avevamo sul balcone una Tuia, fantastica. A Natale ci facevamo l’Albero con le palline e le luci. Avevamo dovuto tagliarla perché arrivava al soffitto.
Non ci si poteva credere che fosse cresciuta in casa partendo dal semino raccolto sul balcone di mio suocero. Eppure era andata così, e ai bambini abbiamo sempre raccontato che il nonno era sempre presente, anche ora che non c’era più. 
Sarebbe bastato andare sul balcone e "tac!", là c’era la tuia-nonno.
Da quella bellissima esperienza avevo ereditato il piacere di osservare il vivere, il crescere un po’ al rallentatore tipico dei vegetali.
Avevo replicato l’azione con un semino di acero: io l’avevo infilato nel vasetto e il resto l’aveva fatto lui. Un po’ di mesi, forse un anno, prima germoglio, piantina, arbusto, alberello e adesso si vedeva che presto non ci  sarebbe stato più spazio sufficiente sul nostro balcone. No questo non lo tagliamo.
Dove lo mettiamo, dove lo mettiamo... mai dai, mettiamolo giù nell’aiuola del parcheggio comunale. Ma come? In mezzo ad erbacce, ortiche, rovi e bisognini dei cani? Sì dai, cosi resta sott’occhio.
Verso sera senza farci vedere dal vicinato scaviamo un buchetta con la punta del piede e "tac!" dentro la buchetta le radicette dell’acerino.
Da lì in avanti chi si ricorda più dell’acerino... Durante l’estate, le vacanze e l’erbacce ci fanno dimenticare il tutto. In inverno poi...
È a primavera che improvvisamente, dal guazzabuglio delle erbacce, spuntano due foglione verdissime che ci ricordano che l’acerino c’era ancora, eccome.
O cribbio! Guardate un po’ quel guerriero: ha superato le erbacce le spine e si erge in altezza su tutte.

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Forza acerino tadadadadatta tadadadadatta! Era bellissimo, al mattino, dare un’occhiatina ai suoi progressi...  Forza acerino tadadadadatta.
Una mattina, al posto dell’acerino… una …. una buchetta, con a fianco una una montagnetta. Ma come? Ma perché? Ma chi cacchio è quel bastardo che può fregarti un un un… Non era più solo l’acerino. Era diventato attesa, era speranza, era coraggio, era freschezza. Chi cacchio può essere cosi cattivo e crudele da fregarti tutte queste cose in una volta?
Era inutile artigliarsi la coscienza la domanda sarebbe rimasta delusa. La mia Fede era messa visceralmente in tentazione, ero diviso fra la voglia di maledire e il comandamento di amare, e amare anche il nemico.
Ma come si può  riuscire ad amare uno cosi cattivo? Uno che di notte ti priva di una cosa inerme, insignificante, come una piantina d’acero. Come? Come? Grazie a Dio la mia divisione rimase in sospeso e mi limitai per giorni a rimuovere il pensiero ogni volta che l’occhio cadeva sull’aiuola del parcheggio.
Ma una mattina, l’aiuola ridiventa  protagonista, invadente. Sull’aiuola c’è una montagna di terra alta un paio di metri. Il capannone che abbiamo di fronte ha chiesto l’allacciamento al gas, e la terra di risulta dello scavo era “ovviamente“ stata messa a ”dimora” sulla inutile disadorna e disordinata aiuola.
Commosso, capisco che non sarebbe stata certo sufficiente la presenza dell’acerino a convincere i man at work a spostare la montagna di terra. E quindi se non fosse stato crudelmente trafugato la sotto ci sarebbe rimasta la mia attesa, speranza, coraggio e freschezza. Confesso, ancora oggi mi sale alla gola il magone se ripenso alla gioia di saperlo misteriosamente piantato da qualche parte.  Le mani ladre e crudeli della Storia non sempre  vengono per nuocere.
Dio sa scrivere dritto anche nelle righe storte della Storia… non era più solo una frase ad effetto.

giuliassso ​
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Musica: Bud Shank & Bob Cooper "What I'll do"
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    Guglielmo Spotorno

    Chiamato Gugi, è più cellese che milanese.
    ​Da bambino, da ragazzo, da grande. Qui ha incontrato Agata, che ha sposato, qui sono nati i primi disegni e da questa e dal suo vento sono nate le sue poesie, che lancia in aria come aquiloni. Anche colori e dipinti nascono da questo mare e da questo sole.

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