L'Arte come specchio dell'anima

A cura di Luciano Caprile
Nel salone della casa di Celle Ligure di Guglielmo Spotorno spicca, tra la messe di quadri appesi alle pareti, una grafica di Enrico Baj raffigurante uno dei celebri “generali”, accompagnata dalla dedica “a Guglielmo e al senso erratico dell’autoconcessione”.
Questa frase fotografa perfettamente l’inquietudine di un artista che dispensa nei dipinti, con allegorica determinazione, i travagli personali e quelli del nostro tempo. Infatti il suo percorso che va dagli anni Settanta a oggi si nutre di citazioni critiche e di lacerti d’inconscio da intingere e da specchiare nella storia che ci accomuna.
Agli inizi dell’impegnocreativo egli si è avvalso di una figurazione che gli ha concesso interessanti derive. Lo possiamo osservare nella serie intitolata Profondità marine del 1975 e particolarmente in Landscape in the sea dove elementi organici si manifestano in una sospesa trasformazione che trova ulteriori sviluppi in Presences in the deep e in Evolution in the sea.
Il conflitto fra alcune entità subacquee da un lato sottolinea il tumulto emozionale ed esistenziale dell’autore (lo scontro tra i granchi, i ricci e i pesci rimanda a un tormentato groviglio di viscere e di pensieri) e dall’altro annuncia uno sguardo privilegiato verso il magmatico, sofferto, articolato gesto di Asger Jorn (capace di tradurre in strazianti apparizioni le paure ataviche e i profondi disagi contemporanei) affrontato e rielaborato secondo proprio uso e consumo dopo un iniziale e più marcato apprendistato di natura surreale.
In quest’ultima circostanza sarà Graham Sutherland a suggerirgli certi approcci che chiamano in causa il mondo vegetale e animale da coinvolgere in una suggestiva narrazione metamorfica.
Alcune opere del 1980 della serie Insects assorbono e consumano la citazione naturalistica alla stregua di una calligrafia da disporre sulla tela come il frutto di un precipizio di entità aliene che hanno occupato la nostra mente. In certe situazioni meno descrittive e più intuitive, come avviene in Insects 3, sembra aleggiare per un attimo anche lo spirito caustico di Sebastian Echaurren Matta. Per comprendere meglio l’iter di Guglielmo Spotorno ci riferiamo dunque a quegli autori che fatalmente gli sono entrati negli interessi, negli occhi e nella sensibilità e da cui egli ha tratto suggestivo e traumatico alimento per aggiungere sempre nuovi tasselli al suo lungo percorso di auto scarnificazione, di ricerca di sé e di ostensione del risultato pittorico maturato da un simile esercizio.
Ne scaturisce una personale cifra espressiva costituita da slanci e da riflessioni, da suggestioni futuribili e da ritorni di nostalgia da cui recuperare alimento.
Tale spinta organica ha promosso proprio nel 1980 una stagione informale che prevede la ricorrente presenza di una struttura sferoidale già accennata nel citato dipinto Evolution in the sea del 1975. Occorre precisare che il cerchio e la sfera costituiscono due importanti elementi di riferimento nell’interpretazione della realtà del nostro artista.
Egli fa interagire queste figure geometriche nello spazio secondo tensioni dinamiche:
Armonia e silenzio è un quadro caratterizzato da quattro globi collocati lungo una diagonale mentre dal nucleo centrale scaturisce un vortice espansivo di energia.
In Connessioni le linee assecondano o interrompono le scie di questo universo in continua trasformazione percettiva e motoria procurando inattese sollecitazioni allo sguardo che cerca di cogliere i vari livelli di profondità dietro le velature di una inquietante progressione monocromatica.
D’altro canto queste tele strutturalmente quadrate suggeriscono a Spotorno varie angolazioni di lettura e quindi di collocazione sulle pareti di casa. Così anche l’acquirente diventa protagonista dell’evento creativo allorché decide l’ordine contemplativoche più gli aggrada. Tale stagione si conclude idealmente con Cortocircuito dall’andamento circolare e centrifugo, alla ricerca di una ulteriore dimensione oltre i limiti concessi dalla tela.
Ma la sfera torna a riproporsi in Borderline 1 e in Borderline 2 del 1989 arricchendosi di intimi e misteriosi elementi germinativi da inserirsi in un ambiente che tende a una corrosiva trasformazione.
In tale occasione l’artista introduce nel racconto una sofferta esperienza personale che dura ancora oggi e che riesce a bloccare il tempo nello spazio e a trasferire in un frammento di eternità l’interrogazione del dolore.
Corrono più di vent’anni tra Borderline 1, Borderline 2 e Stanza terminale del 2011 dove il mondo o i mondi hanno ripreso a girare con altri ritmi, con altri meccanismi, con altre relazioni spaziali, con altri segni e con altri simboli.
E doveil destino tende pazientemente la sua trappola qui rappresentata in alto da una luminosa porta spalancata sul mistero del futuro in cui immergere intanto la curiosità. Questa nuova opera avvia il ciclo denominato New economy dove “l’industriadel web ci trasforma tutti in pesce azzurro”, per dirla con Spotorno che nel corso della sua indagine si sofferma a indicare le strane comunioni tra la macchina sempre più sofisticata e l’individuo che ne subisce la fatale, spasmodica attrazione;per dirla ancora con lui “internet è il serpente corallo” rappresentato in quello Snake che sembra passare il testimone narrativo e formale al becco puntuto del protagonista di Anche i cigni twittano; infine Uomo al computer poneil caustico accento su quel destino di tecnologica dipendenza che ci accomuna e ci assorbe. Spargendo dunque frantumi di immagini illusorie e concependo unioni traumatiche tra una tastiera e un cervello in via di consunzione ecco il liquido succo di un racconto che vive per dissolvenze, per precipitati abissi. Anche perché l’autore tende a sciogliere le sue formule interpretative in quell’ideale mare della Liguria di Ponente che, al pari di un’immensa tela, da sempre ha accolto le sue gioie liberatorie e i ritorni delle tristezze. In un simile ambit Sole nero del 2012 diffonde radialmente intorno a sé futuribili messaggi, sinistre macchie sulle coscienze mentre Web del 2014 ripropone lo stesso nucleo oscuro colto nell’atto di emettere un rotante getto di impulsi, di frammenti di storia e di simbolisecondo il provocatorio proclama futurista consegnato alle 13 “parole in libertà”.
Si è già detto che Guglielmo Spotorno ama dipingere per argomenti da destinare a opere legate fra di loro dallo stesso filo conduttore come sesi trattasse di capitoli di un romanzo che si insinua in altri contemporanei romanzi a costituire una logica comportamentale che riguarda nuclei omogenei.
Succede al ciclo Connessioni geometriche, svolto dal 2010 a oggi indagando il rapporto critico tra sfere e triangoli che può trovare una trasparente, algida, rassicurante armonia in Freedom.
L’ultimo capitolo della nostra indagine è rivolto alle Città umanizzate ovvero a un percorso iniziato nel 2013 e non ancora concluso poiché l’alimento creativo si avvale ogni giorno di nuove, interessanti sollecitazioni. L’avvio è scandito da Tsunami, il dipinto di un villaggio giapponese, investito da un vento rosato.
L’artista lascia allo spettatore la scelta tra due ‘incubi’: un’onda che sale fino al cielo, un drago che esce improvviso dall’oceano.
Addirittura 11 settembre rievoca la terribile sorte delle “torri gemelle” insidiate qui dalla orrida e incombente testa di un animale.
In Pechino la ritmica struttura di fondo, che aveva caratterizzato le precedenti opere, s’avvale ora di seducenti velature che distribuiscono lievi tonalità acquarellate sui toni del grigio e del beige: paiono evocare un rammarico d’oriente ormai smarrito nel tranello della globalizzazione o insinuano una delicata, liquida calligrafia dell’anima da percepire appena prima dell’abbandono. Un identico ragionamento potrebbe valere per Rio. I mondiali della povertà, una tecnica mista su carta concepita quest’anno percorrendo la medesima linea narrativa di base costituita da una fitta trama di segni (una sorta di personalissimo pentagramma) su cui disporre variegate, carezzevoli macchie in graduale dissolvenza o consunzione. Un sogno, un rammarico, un crescente precipizio di percezione da annegare infine nel bianco latteo di un’ulteriore, docile sfumatura. E d’altro canto Sorgenia propone una selva caotica di grattacieli stilizzati, di ciminiere inseguite da una pennellata rosso-bruna e di antenne televisive che tentano il cielo in una gara grafica e tonale dove l’uomo appare soffocato e punito da ciò che egli stesso ha creato e alimentato, come succedeva in certi film di fantascienza del secolo scorso che oggi paiono confortati e talora superati dalla realtà.
L’unica possibilità di salvezza, almeno mentale, sembra risiedere in quell’ambiente acquatico così congeniale ai comportamenti dell’artista: la recente Vacanza dalla vita e soprattutto Trasparenze marine paiono ora rispondere a una simile esigenza di sospeso equilibrio, di pacificato ordine compositivo dove gli elementi primari del racconto (i pesci) si comportano da distillati segni o da delicati transiti di colore da distribuire sulla scena. Così Guglielmo Spotorno prende respiro e prepara il seguito della sua vicenda pittorica da confrontare con quella umana a ribadire la condanna o il privilegio di chi intinge il proprio gesto nella travagliata anima del mondo.
Nel salone della casa di Celle Ligure di Guglielmo Spotorno spicca, tra la messe di quadri appesi alle pareti, una grafica di Enrico Baj raffigurante uno dei celebri “generali”, accompagnata dalla dedica “a Guglielmo e al senso erratico dell’autoconcessione”.
Questa frase fotografa perfettamente l’inquietudine di un artista che dispensa nei dipinti, con allegorica determinazione, i travagli personali e quelli del nostro tempo. Infatti il suo percorso che va dagli anni Settanta a oggi si nutre di citazioni critiche e di lacerti d’inconscio da intingere e da specchiare nella storia che ci accomuna.
Agli inizi dell’impegnocreativo egli si è avvalso di una figurazione che gli ha concesso interessanti derive. Lo possiamo osservare nella serie intitolata Profondità marine del 1975 e particolarmente in Landscape in the sea dove elementi organici si manifestano in una sospesa trasformazione che trova ulteriori sviluppi in Presences in the deep e in Evolution in the sea.
Il conflitto fra alcune entità subacquee da un lato sottolinea il tumulto emozionale ed esistenziale dell’autore (lo scontro tra i granchi, i ricci e i pesci rimanda a un tormentato groviglio di viscere e di pensieri) e dall’altro annuncia uno sguardo privilegiato verso il magmatico, sofferto, articolato gesto di Asger Jorn (capace di tradurre in strazianti apparizioni le paure ataviche e i profondi disagi contemporanei) affrontato e rielaborato secondo proprio uso e consumo dopo un iniziale e più marcato apprendistato di natura surreale.
In quest’ultima circostanza sarà Graham Sutherland a suggerirgli certi approcci che chiamano in causa il mondo vegetale e animale da coinvolgere in una suggestiva narrazione metamorfica.
Alcune opere del 1980 della serie Insects assorbono e consumano la citazione naturalistica alla stregua di una calligrafia da disporre sulla tela come il frutto di un precipizio di entità aliene che hanno occupato la nostra mente. In certe situazioni meno descrittive e più intuitive, come avviene in Insects 3, sembra aleggiare per un attimo anche lo spirito caustico di Sebastian Echaurren Matta. Per comprendere meglio l’iter di Guglielmo Spotorno ci riferiamo dunque a quegli autori che fatalmente gli sono entrati negli interessi, negli occhi e nella sensibilità e da cui egli ha tratto suggestivo e traumatico alimento per aggiungere sempre nuovi tasselli al suo lungo percorso di auto scarnificazione, di ricerca di sé e di ostensione del risultato pittorico maturato da un simile esercizio.
Ne scaturisce una personale cifra espressiva costituita da slanci e da riflessioni, da suggestioni futuribili e da ritorni di nostalgia da cui recuperare alimento.
Tale spinta organica ha promosso proprio nel 1980 una stagione informale che prevede la ricorrente presenza di una struttura sferoidale già accennata nel citato dipinto Evolution in the sea del 1975. Occorre precisare che il cerchio e la sfera costituiscono due importanti elementi di riferimento nell’interpretazione della realtà del nostro artista.
Egli fa interagire queste figure geometriche nello spazio secondo tensioni dinamiche:
Armonia e silenzio è un quadro caratterizzato da quattro globi collocati lungo una diagonale mentre dal nucleo centrale scaturisce un vortice espansivo di energia.
In Connessioni le linee assecondano o interrompono le scie di questo universo in continua trasformazione percettiva e motoria procurando inattese sollecitazioni allo sguardo che cerca di cogliere i vari livelli di profondità dietro le velature di una inquietante progressione monocromatica.
D’altro canto queste tele strutturalmente quadrate suggeriscono a Spotorno varie angolazioni di lettura e quindi di collocazione sulle pareti di casa. Così anche l’acquirente diventa protagonista dell’evento creativo allorché decide l’ordine contemplativoche più gli aggrada. Tale stagione si conclude idealmente con Cortocircuito dall’andamento circolare e centrifugo, alla ricerca di una ulteriore dimensione oltre i limiti concessi dalla tela.
Ma la sfera torna a riproporsi in Borderline 1 e in Borderline 2 del 1989 arricchendosi di intimi e misteriosi elementi germinativi da inserirsi in un ambiente che tende a una corrosiva trasformazione.
In tale occasione l’artista introduce nel racconto una sofferta esperienza personale che dura ancora oggi e che riesce a bloccare il tempo nello spazio e a trasferire in un frammento di eternità l’interrogazione del dolore.
Corrono più di vent’anni tra Borderline 1, Borderline 2 e Stanza terminale del 2011 dove il mondo o i mondi hanno ripreso a girare con altri ritmi, con altri meccanismi, con altre relazioni spaziali, con altri segni e con altri simboli.
E doveil destino tende pazientemente la sua trappola qui rappresentata in alto da una luminosa porta spalancata sul mistero del futuro in cui immergere intanto la curiosità. Questa nuova opera avvia il ciclo denominato New economy dove “l’industriadel web ci trasforma tutti in pesce azzurro”, per dirla con Spotorno che nel corso della sua indagine si sofferma a indicare le strane comunioni tra la macchina sempre più sofisticata e l’individuo che ne subisce la fatale, spasmodica attrazione;per dirla ancora con lui “internet è il serpente corallo” rappresentato in quello Snake che sembra passare il testimone narrativo e formale al becco puntuto del protagonista di Anche i cigni twittano; infine Uomo al computer poneil caustico accento su quel destino di tecnologica dipendenza che ci accomuna e ci assorbe. Spargendo dunque frantumi di immagini illusorie e concependo unioni traumatiche tra una tastiera e un cervello in via di consunzione ecco il liquido succo di un racconto che vive per dissolvenze, per precipitati abissi. Anche perché l’autore tende a sciogliere le sue formule interpretative in quell’ideale mare della Liguria di Ponente che, al pari di un’immensa tela, da sempre ha accolto le sue gioie liberatorie e i ritorni delle tristezze. In un simile ambit Sole nero del 2012 diffonde radialmente intorno a sé futuribili messaggi, sinistre macchie sulle coscienze mentre Web del 2014 ripropone lo stesso nucleo oscuro colto nell’atto di emettere un rotante getto di impulsi, di frammenti di storia e di simbolisecondo il provocatorio proclama futurista consegnato alle 13 “parole in libertà”.
Si è già detto che Guglielmo Spotorno ama dipingere per argomenti da destinare a opere legate fra di loro dallo stesso filo conduttore come sesi trattasse di capitoli di un romanzo che si insinua in altri contemporanei romanzi a costituire una logica comportamentale che riguarda nuclei omogenei.
Succede al ciclo Connessioni geometriche, svolto dal 2010 a oggi indagando il rapporto critico tra sfere e triangoli che può trovare una trasparente, algida, rassicurante armonia in Freedom.
L’ultimo capitolo della nostra indagine è rivolto alle Città umanizzate ovvero a un percorso iniziato nel 2013 e non ancora concluso poiché l’alimento creativo si avvale ogni giorno di nuove, interessanti sollecitazioni. L’avvio è scandito da Tsunami, il dipinto di un villaggio giapponese, investito da un vento rosato.
L’artista lascia allo spettatore la scelta tra due ‘incubi’: un’onda che sale fino al cielo, un drago che esce improvviso dall’oceano.
Addirittura 11 settembre rievoca la terribile sorte delle “torri gemelle” insidiate qui dalla orrida e incombente testa di un animale.
In Pechino la ritmica struttura di fondo, che aveva caratterizzato le precedenti opere, s’avvale ora di seducenti velature che distribuiscono lievi tonalità acquarellate sui toni del grigio e del beige: paiono evocare un rammarico d’oriente ormai smarrito nel tranello della globalizzazione o insinuano una delicata, liquida calligrafia dell’anima da percepire appena prima dell’abbandono. Un identico ragionamento potrebbe valere per Rio. I mondiali della povertà, una tecnica mista su carta concepita quest’anno percorrendo la medesima linea narrativa di base costituita da una fitta trama di segni (una sorta di personalissimo pentagramma) su cui disporre variegate, carezzevoli macchie in graduale dissolvenza o consunzione. Un sogno, un rammarico, un crescente precipizio di percezione da annegare infine nel bianco latteo di un’ulteriore, docile sfumatura. E d’altro canto Sorgenia propone una selva caotica di grattacieli stilizzati, di ciminiere inseguite da una pennellata rosso-bruna e di antenne televisive che tentano il cielo in una gara grafica e tonale dove l’uomo appare soffocato e punito da ciò che egli stesso ha creato e alimentato, come succedeva in certi film di fantascienza del secolo scorso che oggi paiono confortati e talora superati dalla realtà.
L’unica possibilità di salvezza, almeno mentale, sembra risiedere in quell’ambiente acquatico così congeniale ai comportamenti dell’artista: la recente Vacanza dalla vita e soprattutto Trasparenze marine paiono ora rispondere a una simile esigenza di sospeso equilibrio, di pacificato ordine compositivo dove gli elementi primari del racconto (i pesci) si comportano da distillati segni o da delicati transiti di colore da distribuire sulla scena. Così Guglielmo Spotorno prende respiro e prepara il seguito della sua vicenda pittorica da confrontare con quella umana a ribadire la condanna o il privilegio di chi intinge il proprio gesto nella travagliata anima del mondo.
- Luciano Caprile