I 'guru' del mare.
Ho scritto del mare prima della famiglia. Non a caso, se ha ragione Anassimandro quando scrive che gli uomini derivano dai pesci. Ed io, un po’ mi ci ritrovo.
Mio nonno non era un filosofo, ma un ligure tosto. Non sapeva scrivere, ma era un ‘guru’ del mare. Così finisce che io, filosofo e uomo di mare, mi trovo in mezzo a quei due. Domenico "Gambadura"Mio nonno Domenico si è imbarcato a Cardiff, a dodici anni, su un tre alberi che di ‘Fortuna’ aveva solo il nome. Nei mari dell’Inghilterra, è caduto dall’albero del veliero. Gli hanno ‘sistemato’ una gamba di legno. Tornato a Celle i paesani lo chiamarono ‘Gambadura’.
<<Fisicamente era resistente e scabro come un ulivo, capelli e barba rossa, due occhi azzurri intensi e con tanta forza nelle braccia da affrontare chi aveva il coltello>>. |
Io, Guglielmo, lo vorrei qui, seduto davanti a me... a parlarmi di Capo Horn. Il perché, il come e il quando.
Su questo brigantino “Fortuna”, nonno Domenico marinaio a 18 anni, si imbarcò a Cardiff il 23 maggio 1874. Nei suoi viaggi incontrò più volte Capo Horn. |
Nonna Giulia
Moglie di ‘Gambadura’ è nonna Giulia. A Celle è ricordata come ‘santa donna’ e con troppi figli. Quando nonno Domenico morì le lasciò la povertà e il tempo di una benedizione.
Nonno Guglielmo.L’altro nonno, da parte di mia madre, è Guglielmo.
Non l’ho conosciuto anche se porto il suo nome. Viene ricordato solo per le sue ‘manie’ in cucina: cronometrava il tempo di cottura della pasta ed è morto d’infarto mentre preparava un budino Elah… |
Burocrazia del Battesimo.
Mio fratello Giandomenico narra, in un suo libro, le burocrazie dei nomi alla fonte battesimale. E’ scrittore, e ne riporto poche righe.
<<Nella famiglia in cui sono nato, c’era una tradizione: dare i nomi ai nascituri secondo una scala gerarchica ben precisa e prestabilita. Al primogenito (o primogenita) il nome del padre di lui, poi il nome del padre di lei e quindi la madre di lui e infine della madre di lei. Erano ammessi piccoli aggiustamenti se il nome era stato già usato da qualche fratello dei genitori (ad esempio Franco al posto di Francesco, Giandomenico al posto di Domenico) per non incorrere in una totale confusione. E’ certo che allora non esisteva il pericolo del nome ‘datato’ o quello di origine televisiva. Poi, una volta abbinato, il nonno, commosso e orgoglioso, si preparava ad avere un occhio di predilezione per questo nipote piangente e indifferente a tanta scelta. Ma quasi mai le vicende della vita lo permettevano…>>.
Franco Spotorno, bandiera a scacchi.
Mio padre Franco nasce a Celle Ligure nel 1901, primo maschio di otto figli, in una famiglia di troppe femmine. Tre vanno spose a Dio. E una, zia Ester, ‘sposa’ i suoi due fratelli.
Quando Franco ha aperto gli occhi sul mondo, qualcuno gli ha sventolato una bandiera a scacchi. E lui ha iniziato una gara personale con la vita. Tante curve in salita. Nessuna discesa. Mi diceva: “Gugi, sfrecciavo sempre primo”. Alla fine, sul traguardo, c’era sempre lei, mia mamma Enrica, belissima, ferma, quasi sull’attenti in mezzo alle camicie nere". |
Il signor Davide Tirabassi, con cortesia professionale, mi ha fatto il dono di rari filmati e documenti. Primo tra tutti la Mille Miglia del '38.
La fiat 500A n. 24
Mille Miglia, 1938. Franco Spotorno in azione con G. Moscatelli. La vettura è una 500 A "Barchetta" Zagato (balestra corta) numero 24, con la quale risultò 51° assoluto e 2° di categoria.
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Coppa dei Colli Torinesi, 1938. Franco Spotorno gareggia in solitaria con il n. 14 e si classifica 2° di categoria.
La Fiat 500A come si presenta ora, convertita
"in speciale da corsa" nell'Aprile del '47 |
Si veniva a Celle insieme. Sempre in auto. E, a volte, noi due da soli.
Sui rettilinei mi raccontava della sua vita. Sulla camionale Serravalle Genova stava in silenzio e faceva la gara con tutti. E’ chiaro, avevo con lui un rapporto di ammirazione ribelle. Soprattutto quando mi chiamava nel suo studio: “Ti dico una cosa sola: sii uomo!”. Aveva questi imperativi, categorici, quasi fascisti. Sembravano semplici, ma mettevano di fronte a montagne da scalare. Di notte, il suo studio era blindato sino a mezzanotte... e segnava il tempo dei miei primi amori telefonici. Io ero nascosto in sala, al buio e parlavo sottovoce. A mezzanotte mio padre usciva dallo studio e mi troncava la comunicazione. Di lui ho ricordato questi flash di quando ero ‘ragazzino’. Per quanto ha fatto dopo, ho scelto solo qualche foto ufficiale. |
Enrica Spotorno.
Di lei scriverò a lungo. Più giovane di 13 anni di mio padre, è stata la sua e nostra fantasia. Io sono cresciuto tra 2 donne: mia madre Enrica e zia Ester, di cui ho già parlato. Ho respirato aria diversa: montagna, mare e città. Ma non si è trattato solo di meteo.
Enrica, bella e ribelle.Del periodo di guerra non se ne parla. Lei che veniva dai Canton Grigioni ci vestiva, ci lavava e faceva il pane in casa. Mi dava un cucchiaio di marmellata nell’acqua calda e mi diceva: “Tieni Gugi, questo è il tuo punch".
Quando torniamo a Milano non è più così. E’ sempre bella e affascinate, ma non accetta di fare la sirenetta dei turisti sulle cartoline di Celle. |
Entra nel mondo dell’arte con il ‘disordine’ della passione. Visita musei, le prime gallerie del dopoguerra, disegna e dipinge piccoli quadri infantili… In seguito sarà scultrice di valore.
Apre la sua casa ad artisti, poeti e qualche giornalista per cene improvvisate e ‘discorsi culturali’. Anche tardi la sera. Tutto è ‘casual’, il cibo, gli orari, i vestiti. Finita la guerra, il coprifuoco, i controlli, c’è il piacere di non rispettare le forme. Da parte degli ospitanti e degli ospitati.
La mia casa di Via Andrea Doria diventa una piccola e confusa ‘accademia’. Io sto seduto sul tappeto cinese a gambe incrociate, ascolto tutto come una ‘spugna’, anche se molta ‘acqua’ non la capisco. Se dovessi scegliere una persona che rappresenta quelle visite notturne, è GiandanteX, l’eterno viandante. Quest’uomo, piccolo e calvo come un passero nel nido, aveva sofferto molto. Anarchico, non si era mai arreso. I partigiani lo avevano dipinto di vernice rossa e nudo lo avevano fatto camminare avanti e indietro in Galleria. Arrivava anche alle 11 di sera. Portava due borsoni: uno con dentro un centinaio di tempere e l’altro con un centinaio di poesie, tutto della grandezza di un foglio A4. A notte inoltrata eravamo esausti, non si trovava più un nuovo complimento. Gli aggettivi erano esauriti. Ma Giandante impassibile, con la sua cravatta turchese, buttava sul tavolo tempere e leggeva i suoi scritti...
Mia madre diventa ambiziosa. Rifiuta di essere ‘decorazione’ di un marito prepotente dei suoi successi. Un uomo che, quando viene fermato per eccesso di velocità, scende e tira fuori una decina di tessere. Tra queste, quella di probiviro della strada... E lo faceva anche all’estero, dove nessuno lo capiva.
Ricordo quella sera mia madre con le mani sui fianchi ripetere: “Voglio il mio spazio, aria e libertà”.
La mia casa di Via Andrea Doria diventa una piccola e confusa ‘accademia’. Io sto seduto sul tappeto cinese a gambe incrociate, ascolto tutto come una ‘spugna’, anche se molta ‘acqua’ non la capisco. Se dovessi scegliere una persona che rappresenta quelle visite notturne, è GiandanteX, l’eterno viandante. Quest’uomo, piccolo e calvo come un passero nel nido, aveva sofferto molto. Anarchico, non si era mai arreso. I partigiani lo avevano dipinto di vernice rossa e nudo lo avevano fatto camminare avanti e indietro in Galleria. Arrivava anche alle 11 di sera. Portava due borsoni: uno con dentro un centinaio di tempere e l’altro con un centinaio di poesie, tutto della grandezza di un foglio A4. A notte inoltrata eravamo esausti, non si trovava più un nuovo complimento. Gli aggettivi erano esauriti. Ma Giandante impassibile, con la sua cravatta turchese, buttava sul tavolo tempere e leggeva i suoi scritti...
Mia madre diventa ambiziosa. Rifiuta di essere ‘decorazione’ di un marito prepotente dei suoi successi. Un uomo che, quando viene fermato per eccesso di velocità, scende e tira fuori una decina di tessere. Tra queste, quella di probiviro della strada... E lo faceva anche all’estero, dove nessuno lo capiva.
Ricordo quella sera mia madre con le mani sui fianchi ripetere: “Voglio il mio spazio, aria e libertà”.
Da qui sono nate molte discussioni, naturalmente in camera da letto. Noi le sentivamo dal corridoio, senza capire. L’armistizio avviene in una notte, quando i due decidono di inaugurare la Galleria d’Arte Spotorno. Senza statuto, è di fatto una Fondazione. Mio padre la finanzia e trova il locale, mia madre la dirige con il suo entusiasmo… e chi poteva dirle di no? Lei scrive a mano anche 500 indirizzi d’invito a una mostra.
All’Accademia di Brera passa una voce: “La Galleria Spotorno dà spazio ai giovani.. e non si paga neppure i francobolli”. E’ così. Artisti e studenti dell’Accademia si mettono in fila. Arrivavano di mattino, con le cartelle sottobraccio. Entrati in galleria, lasciano cadere sul pavimento tempere e disegni… i telai costano troppo. Sul marmo rimane solo lo spazio per saltare da un’opera all’altra. Terminati i ‘salti’, inizia il colloquio ‘dei silenzi’. Mia madre, se non è convinta, usa sempre quel aggettivo ‘interessante’. Il peggio che possa capitare a un artista.
All’Accademia di Brera passa una voce: “La Galleria Spotorno dà spazio ai giovani.. e non si paga neppure i francobolli”. E’ così. Artisti e studenti dell’Accademia si mettono in fila. Arrivavano di mattino, con le cartelle sottobraccio. Entrati in galleria, lasciano cadere sul pavimento tempere e disegni… i telai costano troppo. Sul marmo rimane solo lo spazio per saltare da un’opera all’altra. Terminati i ‘salti’, inizia il colloquio ‘dei silenzi’. Mia madre, se non è convinta, usa sempre quel aggettivo ‘interessante’. Il peggio che possa capitare a un artista.
Enrica, Felice Casorati e il Museo dell’Auto di Torino.
Felice Casorati, è uno dei Maestri del ‘900. A Torino è un ‘dittatore estetico’. Mia madre, forte di bellezza e incoscienza, va a Torino e bussa alla sua porta.
Le viene ad aprire la moglie, Daphne Maugham, una ‘british’ di Torino. Mia madre chiede di parlare con il Maestro.
Dopo mesi, il 20 aprile del ’54, Felice Casorati inaugura la Galleria Spotorno, con l’opera grafica mai esposta prima. Nasce un’amicizia. Felice Casorati, è uno dei Maestri del ‘900.
Le viene ad aprire la moglie, Daphne Maugham, una ‘british’ di Torino. Mia madre chiede di parlare con il Maestro.
Dopo mesi, il 20 aprile del ’54, Felice Casorati inaugura la Galleria Spotorno, con l’opera grafica mai esposta prima. Nasce un’amicizia. Felice Casorati, è uno dei Maestri del ‘900.
Qualche anno dopo mio padre, come Presidente della Federazione Sportiva, propone un monumento in onore di tutti i corridori caduti nelle corse automobilistiche. Aderiscono ministri competenti, autorità civili e militari.
Cristina: “Manca solo il Papa!”.
Rispondo: “La morte quando è ufficiale, è come i carabinieri. Nei verbali usano sempre le stesse parole ”.
L’anno di queste due lettere 1949, dimostra come molto tempo sia passato prima di realizzare l’opera nel ’61. Dodici anni non sono pochi, ma sono serviti per trovare un accordo sulla soluzione artistica. Mio padre non ama i monumenti, mia madre ripete: “Un dipinto non è sufficiente”.
La soluzione è un grande pannello in ceramica: terza via tra pittura e scultura. L’idea è una novità. Enrica Spotorno risale quelle scale a Torino e convince Casorati.
La soluzione è un grande pannello in ceramica: terza via tra pittura e scultura. L’idea è una novità. Enrica Spotorno risale quelle scale a Torino e convince Casorati.
L’opera è un mosaico in ceramica di grandi dimensioni (500x400cm), esposto all’ingresso del Museo dell’Auto di Torino, il più importante in Europa.
Fellini e Alessandro Manzoni.
Mio padre è una presenza ‘assente’ nel mio ‘iter’ scolastico. Legge in silenzio le pagelle… si ‘infuria’ solo una volta: all’Istituto San Carlo mi bocciano in V ginnasio e mi dichiarano “soggetto indesiderabile”. Firmato preside Don Giannazza.
Mia mamma, invece, mi dà solo consigli ‘fantasiosi’. All’esame di terza media, dice: “Lascia perdere ‘Ei fu’ e ‘Marzo 1821’. Non c’è poeta più noioso del Manzoni”. L’ascolto, così all’esame il professore mi rimanda a settembre: “I programmi, li facciamo noi o sua madre?”.
Si ripete con successo all’Università. Ho Diritto Privato, l’esame più duro, e lei: “Gugi, ti vedo confuso. Devi distrarti. Basta studiare! Vai al Capitol e vedi La dolce vita”. Il giorno dopo il Professor Schlesinger, in pochi minuti, mi da un 15 con un “Arrivederci a settembre”.
Mia madre era anche un'amorevole ingenua. Firmava tutto con scrittura ‘infantile’. Questo mi ha permesso di diventare un ‘giocatore di biliardo’: una mattina alla settimana non andavo a scuola, ma all’accademia di Via Meravigli. Avevo 16 anni, camicia a quadri e bretelle. Sempre con il mio compagno di banco Claudio Pavesi. Con la stecca in mano, ci sentivamo grandi. Finite le partite ci sedevamo al tavolino per bere un caffè. Così sfacciati da dirci: “Ma guarda a Milano, come faticano!… E noi siamo qui con melange e brioche”. Il giorno dopo mi giustificavo: ‘lieve indisposizione’. Firmato, Enrica Spotorno. Disciplina e voti non facevano ben sperare la famiglia. Si è discusso sul mio futuro scolastico. La mamma era per l’Accademia di Brera. Mio padre: “E chi viene in ditta?”. Lui chiudeva sempre così: discorsi, luci, porte e telefoni.
Mia mamma, invece, mi dà solo consigli ‘fantasiosi’. All’esame di terza media, dice: “Lascia perdere ‘Ei fu’ e ‘Marzo 1821’. Non c’è poeta più noioso del Manzoni”. L’ascolto, così all’esame il professore mi rimanda a settembre: “I programmi, li facciamo noi o sua madre?”.
Si ripete con successo all’Università. Ho Diritto Privato, l’esame più duro, e lei: “Gugi, ti vedo confuso. Devi distrarti. Basta studiare! Vai al Capitol e vedi La dolce vita”. Il giorno dopo il Professor Schlesinger, in pochi minuti, mi da un 15 con un “Arrivederci a settembre”.
Mia madre era anche un'amorevole ingenua. Firmava tutto con scrittura ‘infantile’. Questo mi ha permesso di diventare un ‘giocatore di biliardo’: una mattina alla settimana non andavo a scuola, ma all’accademia di Via Meravigli. Avevo 16 anni, camicia a quadri e bretelle. Sempre con il mio compagno di banco Claudio Pavesi. Con la stecca in mano, ci sentivamo grandi. Finite le partite ci sedevamo al tavolino per bere un caffè. Così sfacciati da dirci: “Ma guarda a Milano, come faticano!… E noi siamo qui con melange e brioche”. Il giorno dopo mi giustificavo: ‘lieve indisposizione’. Firmato, Enrica Spotorno. Disciplina e voti non facevano ben sperare la famiglia. Si è discusso sul mio futuro scolastico. La mamma era per l’Accademia di Brera. Mio padre: “E chi viene in ditta?”. Lui chiudeva sempre così: discorsi, luci, porte e telefoni.
Informazioni sessuali.
Se mia madre è distratta sui voti, è invece attenta alla mia ‘educazione’ sessuale. Il letto è il luogo di confessioni e consigli. Inizio con le solite parole:
Se mia madre è distratta sui voti, è invece attenta alla mia ‘educazione’ sessuale. Il letto è il luogo di confessioni e consigli. Io inizio con le solite parole:
“Ti devo dire...”. E lei: “Hai bisogno di soldi o sei innamorato?”. “Sono innamorato... ma questa volta...”. “Dici sempre così, ma poi ne arriva un’altra”.
In tema di fedeltà ha teorie tutte sue: “Non confessare mai... guai dare certezza alle donne ... Prima sono comprensive ma dopo, quando hai confessato, ti mettono sulla graticola”.
Se mia madre è distratta sui voti, è invece attenta alla mia ‘educazione’ sessuale. Il letto è il luogo di confessioni e consigli. Io inizio con le solite parole:
“Ti devo dire...”. E lei: “Hai bisogno di soldi o sei innamorato?”. “Sono innamorato... ma questa volta...”. “Dici sempre così, ma poi ne arriva un’altra”.
In tema di fedeltà ha teorie tutte sue: “Non confessare mai... guai dare certezza alle donne ... Prima sono comprensive ma dopo, quando hai confessato, ti mettono sulla graticola”.
Nonno di professione.
Chi mi tira fuori dal passato, è mio nipote Guglielmo. Mentre mangia le cozze a due a due, ascolta questi ricordi e mi dice: “Tu nonno, devi convincerti che sei un nonno!”. Mi ha già messo in un angolo di cronaca familiare. Da giorni, mesi e anni… io cerco, con 4 figli e 7 nipoti, di nascondere la mia età e far nascere l’orgoglio per un cognome importante. Butto reti di nylon sottile: ricordi eroici, fotografie, e documenti.
Ma i pesci sono distratti.
Ma i pesci sono distratti.