Quando bussa alla mia porta, dopo la salita sotto il glicine, arriva rosso, tutto rosso... e si sventola le piccole mani sotto il mento "Signoriddio, non sente che caldo?" E magari fuori soffia la tramontana. Si accomoda lentamente sulla poltrona, come chi ha dei dubbi che il suo corpo ingombrante ci possa stare ancora.
La sua mente è invece snella, raffinata, elegante. Muove la lingua come il fioretto di Aramis e dà stoccate un po' in latino, un po' in ligure. Non perdona ai villici di Celle che non ne indovinano una. Tutti ignoranti!... Gian Luigi odia burocrazia, politica, giustizia.
Dei suoi scolari dice: "Caro Dottore, ho avuto tanta pazienza: cosa vuole che facessi... era il mio zoo!". Butta la testa di lato come chi è annoiato e sussurra: "Mi perdoni, ma qui si tratta di ignoranza bella e buona!". Io non ho ancora capito chi esce salvo dal suo giudizio.
Una volta, mi sono permesso di dubitare delle prove sull'esistenza di Dio e lui: "Ma Dottore, cosa dice mai? Roba vecchia, roba vecchia, paccottiglia illuminista!". Il professore, se si eccita, salta fuori con poche parole in latino, astruse, sintetiche come se fosse Seneca. Io, per non fare la figura dell'ignorante, annuisco mandando la testa in su e in giù.
Il professore Gian Luigi vale un viaggio, una scalata su dalle scale strette, in alto, vicino alle rondini e al cielo. Lui, curioso, sta in ombra dietro le sue persiane all'ultimo piano e dice: "Mi godo tutte le liti e tutti i ceti".
Con quel "Cosa vuole mai" tambureggiante e tutto quel latino, come si può non dargli ragione? Al massimo un piccolo sentiero di lato alla sua strada romana fatta di pietre a schiena d'asino.
Quando ho parlato con il Prof. Fratel Gustavo Marchionni, che conosce Gian Luigi Bruzzone, mi ha detto: "Bruzzone mi ricorda il Don Ferrante dei Promessi Sposi".
Salutem plurimam Tibi dico, Wilelm.
Ioannes Aloisius