Ora è facile capire che, colleghi, amici e conoscenti avevano diversi modi per riuscire ad evitarmi, ma per i famigliari o per esempio per i vicini di casa, la cosa doveva riuscire decisamente più complicata. Cosi andò che una sera, ero reduce dall’ultimo straordinario viaggio a Mora d’Assisi, naturalmente non vedevo l’ora di raccontarlo allo zio Gianchi, il mio vicino di casa nonché carissimo amico. Però quella sera anche il povero zio Gianchi, sempre mite e mansueto, non ne poteva proprio più. Cosi mi anticipò, dicendomi, sempre con mitezza: "eh no caro Giulio, se pensi che solo tu, abbia conosciuto il Signore, Ti sbagli". Cosi cominciò Lui questo splendido racconto che ora, caro Guglielmo, voglio condividerti. Dunque Giancarlo disse:
Fu allora che la mia sorpresa si accrebbe. Il parroco infatti rispose: "e no gatte pelose si, ma gatte pelose del Signore! Duv’è che ta vour che i a mandum?"
Allora il nonno si convinse e guardandosi attentamente intorno gli disse: "e alura …mandi là sul scires". Il Parroco benedisse ma il latino per me non era certo comprensibile.
Giancarlo si fermò un momento come se rivedesse di nuovo la scena e poi aggiunse:
Beh, il mattino dopo quando mi risvegliai non potei che costatare con grande sollievo e tanta gioiosa sorpresa che tutte le gatte pelose dai campi erano andate sul ciliegio. E il raccolto fu salvo. Così anche quell’inverno avremmo potuto avere da mangiare. Giancarlo aggiunse: "capisci Giulio le da quand sevi piscinin che al so che al Signur al ghe!!!"
Il silenzio divenne profondo e misticamente avvolgente. Improvvisamente ebbi la consapevolezza che stessimo vivendo una realtà che ci univa tutti e tutti ci sentivamo uniti al ciliegio sacrificato. Al povero ciliegio che fu scelto dal nonno non certo perché odiato, non certo perché inutile, non certo perché indifeso, ma proprio al contrario perché il nonno amandolo aveva calcolato che nonostante l’insulto dei parassiti il ciliegio avrebbe sopportato, avrebbe sofferto, ma sarebbe stato capace di resistere e forse anche di ritornare a fiorire e riportare nuovamente i suoi deliziosi frutti.
Mi pare ora, caro Guglielmo inutile, aggiungere che la faccenda del nostro caro ciliegio sia molto simile alla storia del mio Caro Gesù così come è riportata nei Vangeli. Come sempre devo ringraziarTi perché mi aiuti a riportare alla memoria quei giorni di ormai vent’anni fa; giorni carichi di uno stupore e di una meraviglia che quando al parlarne ancora riverbera nel mio cuore, oggi come allora.
A presto amico impegnativo!
g.