Guglielmo Spotorno
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Diario di bordo

Novità, suggerimenti, aneddoti.

Il parroco e le gatte pelose.

25/3/2016

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Licinio è un gran narratore che riesce a farsi leggere dai peggiori nemici del Clero. Pedala dentro e fuori dai Vangeli con la scioltezza di chi è sempre in discesa.
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Quando uno come me, che era sempre stato pieno di perché senza esito, intercetta uno come Fra Danilo e finalmente incomincia a trovare le risposte che ha sempre atteso, rischia di convincersi che tutti dovrebbero andare almeno una volta in pellegrinaggio da Fra Danilo a Mora di Assisi. E lì, con Lui, con le Suore di clausura, e con il loro Vangelo Vissuto nel totale affidamento alla Provvidenza, convertirsi e cambiare drasticamente vita. Cosi con questa convinzione capitava che ogni persona che conoscevo o che addirittura incontravo, veniva prima o poi inondata e verbalizzata dalla mia invadente conversione. Ero, forse, in qualche modo convinto che avessi anch’io il compito di evangelizzare il mondo.
Ora è facile capire che, colleghi, amici e conoscenti avevano diversi modi per riuscire ad evitarmi, ma per i famigliari o per esempio per i vicini di casa, la cosa doveva riuscire  decisamente più complicata. Cosi  andò che una sera, ero reduce dall’ultimo straordinario viaggio a Mora d’Assisi, naturalmente non vedevo l’ora di raccontarlo allo zio Gianchi, il mio vicino di casa nonché carissimo amico. Però quella sera anche il povero zio Gianchi, sempre mite e mansueto, non ne poteva proprio più. Cosi mi anticipò, dicendomi, sempre con mitezza: "eh no caro Giulio, se pensi che solo tu, abbia conosciuto il Signore, Ti sbagli". Cosi cominciò Lui questo splendido racconto che ora, caro Guglielmo, voglio condividerti. Dunque Giancarlo disse:

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Quando era ancora vivo mio nonno che faceva il contadino, una mattina mi sono svegliato e c’era una strana atmosfera nella casa, ricordò che aveva avvertito subito la sensazione che stesse succedendo qualcosa di spiacevole, comprese inoltre che qualunque fosse la contrarietà doveva essere molto grave. Qualcosa che poteva anche avere un esito drammatico. Poco dopo scoprii con disgusto che le gatte pelose avevano invaso tutti i campi a granturco del nonno e minacciavano tutto il raccolto dell’anno. Nella fattoria, tutti, compresi il papà e la mamma che normalmente erano molto sereni, erano invece molto preoccupati. Così il nonno andò a chiamare il Parroco. Il Parroco arrivo pocanzi per la Benedizione contro i parassiti del raccolto. Quando Il Parroco arrivò, constatata la gravità della faccenda,  chiese al nonno: "dove le mandiamo le gatte pelose?". Ricordo che il nonno con confidenza forse eccessiva ma giustificata dalla sorpresa della domanda rispose al Parroco… "Dove le mandiamo? Ma fai murì no?"
Fu allora che la mia sorpresa si accrebbe. Il parroco infatti rispose: "e no gatte pelose si,  ma gatte pelose del Signore! Duv’è che ta vour che i a mandum?"
Allora il nonno si convinse e guardandosi attentamente intorno gli disse: "e alura …mandi là sul scires". Il Parroco benedisse ma il latino per me non era certo comprensibile. 


Giancarlo si fermò un momento come se rivedesse di nuovo la scena e poi aggiunse:

Beh, il mattino dopo quando mi risvegliai non potei che costatare con grande sollievo e tanta gioiosa sorpresa che  tutte le gatte pelose dai campi erano andate sul ciliegio. E il raccolto fu salvo. Così anche quell’inverno avremmo potuto avere da mangiare. Giancarlo aggiunse: "capisci Giulio le da quand sevi piscinin che al so che al Signur al ghe!!!"

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Ricordo che quella sera rimasi molto turbato; scoprivo ingenuamente che esisteva un modo di rivelarsi di Dio ai sui osservatori, "customizzato"; non era indifferenziato, sono Dio faccio quello che voglio e mi rivelo così. No no anzi era personalissimo, individuale. Aspettai  a lungo la possibilità di raccontare a fra Danilo questa per me grande esperienza. Finalmente, qualche mese dopo, giunse il momento, ero a Mora e cosi in una pausa dai lavori del cantiere quando si creò il clima e la confidenza adatta gli raccontai. "Sai Danilo, ho scoperto che Gesù si rivela ad ognuno in modo diverso. Pensa, al mio vicino Giancarlo è andata così e cosi…." e gli riferii tutta la storia aggiungendo però, come per una sorta di rivalsa, una sottolineatura: che Fede che aveva dimostrato quel contadino, il nonno eh, e non era un frate? Cosi solleticato dal confronto, Il Frate, invece che concordare e accogliere benevolmente la mia sottolineatura, lasciò uscire la sua tipica fratesca burberità e  si rivelò così "ah …hai notato la fede del contadino? E cosa mi dici invece della fede del Parroco?". Effettivamente colpito a sorpresa dal gesto del nonno non avevo compreso bene il ruolo del Sacerdote nella vicenda e così non volendo ammettere la superficialità del mio ragionamento e cercando di nascondere invece la mia sciocca provocazione ci mettemmo subito in cerca di divertenti confronti cercando argomenti diversi che dimostrassero quale delle due Fedi, fra quella del nonno e quella del Sacerdote, fosse la più grande. Tutta la scena era stata seguita in disparte come in filigrana da Suor Agata che pur essendo nella stanza sembrava fino ad allora diversamente assorta in cose molto più concrete di una conversazione; cose del tipo ripulire, preparare il pranzo apparecchiare. Eppure, diversamente dal solito, ritenne di intervenire entrando anche lei, sempre con la sua innata gentilezza, nel confronto. Aggiunse: "Si, certo, la fede del contadino e anche quella del sacerdote...certo certo...ma cosa dire anche del ciliegio però?!"...accorgendomi allora che gli antagonisti erano diventati due con la mia solita stupida testardaggine, quella di chi vuol sempre aver ragione, mi affrettai ad aggiungere: "No scusa Agata , adesso cosa ca…..volo centra il ciliegio???". Lei, con straordinaria presenza, umiltà e riservatezza aggiunse semplicemente: "Il ciliegio è IL SACRIFICIO". 
Il silenzio divenne profondo e misticamente avvolgente. Improvvisamente ebbi la consapevolezza che stessimo vivendo una realtà che ci univa tutti e tutti ci sentivamo uniti al ciliegio sacrificato. Al povero ciliegio che fu scelto dal nonno non certo perché odiato, non certo perché inutile, non certo perché indifeso, ma proprio al contrario perché il nonno amandolo aveva calcolato che nonostante l’insulto dei parassiti il ciliegio avrebbe sopportato, avrebbe sofferto, ma sarebbe stato capace di resistere e forse anche di ritornare a fiorire e riportare nuovamente i suoi deliziosi frutti.

Mi pare ora, caro Guglielmo inutile, aggiungere che la faccenda del nostro caro ciliegio sia molto simile alla storia del mio Caro Gesù così come è riportata nei Vangeli. Come sempre devo ringraziarTi perché mi aiuti a riportare alla memoria quei giorni di ormai vent’anni fa; giorni carichi di uno stupore e di una meraviglia che quando al parlarne ancora riverbera nel mio cuore, oggi come allora.

A presto amico impegnativo!

g.

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Mia moglie è tornata.

24/3/2016

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Sono mesi che non la vedo più. Non so neppure cosa sento. La cosa più semplice è ascoltare due poesie che ho scritto per lei.

Matrimonio

Tu devi ricordare
Il nostro modo
di non stupire mai,
l'inventare ogni angolo
per un possibile amore.
Devi ricordare
che nessuna linea 
chiedeva maschera di buio.
Ora,
la camera è perfetta,
studiata,
ma sui corpi nascosti
cade la stanchezza,
e la bottiglia guarda
con l'occhio dell'inutile.
"Matrimonio"- Poesia di Guglielmo Spotorno
Voce: Guido Ruberti
Musica: "Days of wine and roses" - Nick Bufano

Codici d'amore

Quando gli sguardi
tornano a incontrarsi,
e la schiena
s’inarca amorosa,
l’orgasmo
ritorna primizia di un tempo.
In un attimo
il brivido ci riannoda
e i codici d’amore si riaprono,
pagina dopo pagina
​carezza dopo carezza. 
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"Codici d'amore" - Poesia di Guglielmo Spotorno
Voce: Guido Ruberti
​Musica: "Santa Maria" - Gotan Project
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Amore e Odio.

22/3/2016

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Ciao Guglielmo,
sono una zittellona, "un'aremasta" come dicono nelle Marche e dunque la meno adatta ad intervenire. Di certo mi sarebbe piaciuto incontrare un uomo che dicesse di me che che tolgo drammi alla vita... e so di averlo fatto. E so che mia madre ed io l'abbiamo fatto. Qualche volta stringendoci la mano, ma questo è un altro discorso. Non avrai più un amore così. Lo ha scritto tu perché lo sai. Sai che è così. La vita ha dei limiti. Quello temporale si impone più degli altri.
No. Non avrai più un amore così. Se poi ti chiedi se ne sarai capace sai da te la risposta, ma tu, al solito e a grandi lettere lanci l'esca della provocazione. Io ti rispondo che fino a quando lotterai, ti stancherai, ma continuerai a farlo potrai amare. Anzi ami perché hai passioni. Non parlo solo di arte e di pittura...
Spero vadano un po' meglio le cose.
S
aluti!
g.
Grazie allo scritto, alle parole di poesia, e soprattutto di verità, quando hai un amore come quello che ho avuto io, che ha condizionato tutte le scelte, con quella fretta del vivere: prima laurea, soldato, lavoro, padre, seconda laurea, giornalista, sport, viaggi, poesie... questa fretta di vivere non ti abbandona più. E quando non puoi riunire tutto, come una volta, vedi cadere ad una ad una tutte le possibilità, anche quella di amare, di tradire le tue stesse passioni, e di tornare ad amarle, perché l'amore è uno solo, anche se le passioni sono tante. L'uomo è morale, ma è anche istinto, energia, desiderio. E' l'Ulisse che hai dentro: l'avventura dell'uomo che ritorna sempre ad Itaca.
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Io sono greco di mente, anche se il mondo del lavoro mi ha insegnato a pensare latino. E anche qui un'altra spaccatura. Greci e Latini erano sempre vicini la mare: Paestum, Ostia, Magna Grecia, Albione. I Greci, quelli che ho amato, protagonisti nella mitologia della conoscenza, si insediavano mai a più di 40 chilometri dal mare, alla distanza di un giorno di cammino. E qui a chiedermi sempre, quanto manca a me di scorgere il tremolar della marina? Vedere il mare come nell'Anabasi di Senofonte ("Thalassa! Thalassa!). Vivere e morire. 

Guglielmo
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Questo scritto, buttato giù di fretta mentre il Telegiornale trasmette le immagini di una Bruxelles sotto assedio, riassume un certo senso della mia vita, ma anche di altre vite.
Qui, ritornando al mondo di Ulisse, sulle sponde del Mediterraneo esisteva una civiltà. Anche se siamo tutti figli di questo Mare Nostrum, anche oggi, questa mattina, ci siamo allontanati, sia in Europa, che in Africa, sempre più sulle rispettive sponde. Meglio prosciugare il mediterraneo, farne un immenso granaio. Sfamare le 'bestie' che si trovano su entrambe le sponde. E fare come dice Trump un muro che le separi: una non mangi il grano dell'altra.
Quanti navigatori hanno alzato vele e gettato inutili ancore... 
Hanno avvicinato le sponde e trasmesso Cultura, Arte e Scienza finché non si sono ricordati delle reciproche ingiustizie. Ora sono incazzato e impaurito. Ma se rifletto mi dico: "Questo è l'integralismo". Prima da una parte e dopo dall'altra.
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Dall'isola dei morti...all'urlo alla luna.

18/3/2016

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Montanelli, da buon toscano scriverebbe: "Già il titolo è sciamannato".  Sono io a essere disordinato. Non ho idee, dipingo male. Spreco tele, colori e tempo.
E allora? Mi metto dalla vostra parte.

​Cosa ne pensate? Sono capolavori? Volete sostituirne o aggiungerne qualcuno? E quale breve didascalia aggiungereste al posto mio? Le sintesi sembrano semplici...ma spesso è più difficile descrivere un quadro in dieci parole che in dieci pagine.
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Arnold Böcklin: "L'isola dei morti"
Da qui inizia la pittura estetica metafisica (De Chirico e Savinio).
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Arnold Böcklin: "L'isola dei morti", 1883 - olio su tavola, cm. 80x150

William Turner: "La valorosa Téméraire"
Ottiene certi effetti anche con la saliva.
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William Turner: "La valorosa Téméraire", 1838 - olio su tela cm. 90,7×121,6

Pierre Bonnard: "Nudo nella vasca da bagno"
La luce disfa le forme.
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Pierre Bonnard: "Nudo nella vasca da bagno", 1939 - olio su tela, cm. 122,5x150,5

Francis Bacon: "Study after velazquez's portrait of Pope Innocent X"
Per il Papa, l'uomo più solo, chiuso nella sua gabbia.

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Francis Bacon: "Study after Velázquez's Portrait of Pope Innocent X", 1953 - olio su tela, cm. 153x118

Giorgio Morandi: "Natura morta"
Non morta, ma silente.
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Giorgio Morandi: "Natura morta", 1918 - olio su tela, cm. 68,5 x 72

Felice Casorati: "Uova sul tappeto"
La difficile povertà del soggetto.
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Felice Casorati: "Uova sul tappeto", 1942 - olio su tavola, cm 48x52.

James Ensor: "The intrigue"
Tragica commedia.
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James Ensor: "The intrigue", 1911 - olio su tela - cm. 95 x 112

Asger Jorn: "Fraternité Fragile"
Bianco senza innocenza.

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Asger Jorn: "Fraternité Fragile", 1970 - olio su tela cm. 81x65

Oskar Kokoschka: "Bride of the wind"
Dinamica distruzione della forma.
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Oskar Kokoschka: "Bride of the wind", 1913 - olio su tela, cm. 181 x 220

Roberto Matta: "Cercle du Blé"
Surrealismo estivo.
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Roberto Matta: "Cercle du Blé", 1952 - olio su tela, cm. 113,03x172,72

Alberto Burri: "Sacco e rosso"
L'essenziale.
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Alberto Burri: "Sacco e rosso", 1954 - sacco e olio su tela, cm. 86x100

Marc Chagall: "Over the town"
Quando l'amore vola.
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Marc Chagall: "Over the town", 1918 - olio su tela, cm. 45x56

Max Ernst: " The Entire City"
Matematico surrealismo.
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Max Ernst: "The Entire City (ville entière)", 1935 - olio su tela, cm. 60x81

Giorgio De Chirico: "I pesci sacri"
Metafisica non teatrale.
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Giorgio De Chirico: "I pesci sacri", 1918 - olio su tela, cm. 74,9x61,9
Otto Dix: "Ritratto della giornalista Sylvia Von Harden"
Il trucco dell'eleganza.
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Otto Dix: "Ritratto di Sylvia Von Harden", 1926 - olio e tempera su tela, cm. 121x89

Pablo Picasso: "La bevitrice di assenzio"
Ladro geniale.
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Pablo Picasso: "La bevitrice di assenzio", 1901 - olio su tela, cm. 73x54

Giuseppe Pellizza da Volpedo: "Il sole"
​Capolavoro assoluto, si commenta da solo.
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Giuseppe Pellizza da Volpedo: "Il sole" 1904 - olio su tela, cm 155×155

Carlo Carrà: "I funerali dell'anarchico Galli"
Si doveva fermare qua.
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Carlo Carrà: "I funerali dell'anarchico Galli", 1910 - olio su tela cm. 198,7x259,1

Piet Mondrian: "Albero orizzontale"
​Nasce l'astrazione.
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Piet Mondrian: "Albero orizzontale", 1911 - olio su tela, cm. 78,5x107,5

Paul Gauguin: "Arearea"
​Paradise lost.
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Paul Gauguin: "Arearea", 1892 - olio su tela cm. 75x94

René Magritte: "Gli amanti"
Furto d'amore.
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René Magritte: "Gli amanti", 1928 - olio su tela, cm. 54x73

Edvard Munch: "Madonna"
Preghiera pagana.
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Edvard Munch: "Madonna", 1894 - olio su tela, cm. 91×70,5

Vincent Van Gogh: "Un paio di scarpe"
L'idea della fatica.
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Vincent Van Gogh: "Un paio di scarpe", 1886 - olio su tela, cm. 37,5×45,5

Leonardo Cremonini: "Le indiscrezioni"
Ingenuità e peccato.
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Leonardo Cremonini: "Le indiscrezioni", 1972 - olio su tela cm. 140x195

Vasilij Kandinskij: "Lady in Moscow"
Allegoria di colori.
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Vasilij Kandinskij: "Lady in Moscow", 1912 - olio su tela, cm. 48,5x69,5

Rufino Tamayo: "Perro ladrando a la Luna"
Sintesi dell'espressionismo.
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Rufino Tamayo: "Perro ladrando a la Luna", 1940 - olio su tela cm. 140x95

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In america è "esploso" Van Gogh

12/3/2016

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Oggi mi hanno telefonato: "In America è 'esploso' Van Gogh". Van Gogh non è un fuoco d'artificio. E' un esempio di 'divina pazzia'. Un privilegio di chi veniva baciato dalla divinità. Si chiamava Theia ed era la capacità intuitiva di cui scrive Platone.  Qualcosa di simile accadeva a Pizia, sacerdotessa di Apollo e oracolo di Delfi. 

Mi faccio una domanda: "Van Gogh osserva o prevede?". Penso tutti e due.
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Vincent Van Gogh, "Autoritratto"
Guardate i suoi occhi. Sono anche 'peggio' di quelli di Picasso. Hanno la voracità del falco, però c'è dentro tutto il dolore di chi osserva fuori e dentro se stesso. E questo non accade solo negli autoritratti, ma anche in quelle opere dove il suo dipinto può sembrare decorativo.
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Vincent Van Gogh "Due girasoli", 1887 - olio su tela, 61x43,1 cm.
Questo fiore, così diverso da altri girasoli, aggredisce quasi fosse carnivoro. Van Gogh si è tagliato l'orecchio ma taglia anche la vita,  entra nella sofferenza. Questa piccola opera di 61x43,1 cm., un semplice fiore, è più drammatica della grande tela (297x400 cm.) di  Soutine, Bue squartato. 
E' un atto di accusa contro la vita. 
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Chaim Soutine "Carcasse of a beef", 1924
Al di là di queste suggestioni che nascono dalla natura, Van Gogh va oltre. In altre poche opere il suo occhio cattura l'uomo, ma è sempre e solo lui. Gli uomini ne La ronda dei carcerati sono tanti autoritratti prigionieri di un cammino senza inizio né fine.
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Vincent Van Gogh: "La ronda dei carcerati", 1890 - Olio su tela cm. 80x64
Anche più drammatico, se può esserlo, sono I mangiatori di patate in cui uomini e donne non sono altro che un Van Gogh che 'cattura' sé stesso. Lo si intuisce dal luogo (il carcere, la cantina), dai colori (nero e grigio) e dai titoli. Non vuole lasciare una sola fessura, quasi che la pazzia fosse proprio questo: il 'piacere' di non poter fuggire.
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Vincent Van Gogh, "I mangiatori di patate", 1885 - Olio su tela cm. 82x114
Ho chiesto all'amico Mauro Garascia, che da tanti anni naviga ogni giorno con me nel mare burrascoso dell'arte e della finanza, un pensiero su I Mangiatori di patate. Eccolo. 

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Era il 30 aprile 1885.

In una delle oltre 600 lettere di Vincent al fratello Theo, riflettendo su I mangiatori di patate, così scriveva:

"Ho cercato  di sottolineare come questa gente che mangia patate al lume della lampada, ha zappato la terra con le stesse mani che ora protende nel piatto, e quindi parlo di lavoro manuale e di come esse si siano onestamente guadagnato il cibo. Ho voluto rendere l'idea di un modo di vivere diverso dal nostro di gente civile. Quindi non sono per nulla convinto che debba piacere a tutti o che tutti lo ammirino subito." .... "Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti - va bene, non è malsano; se una stalla sa di concime - va bene, è giusto che tale sia l'odore di stalla; se un campo sa di grano maturo, patate, guano o concime - va benone, soprattutto per gente di città". 

Per il Van Gogh predicatore, per lui che aveva la missione di convertire i derelitti, la cena di quei poveri contadini è come un'eucarestia. Il pezzo di patata bollita offerto è un'ostia consacrata dal sudore e dal duro lavoro di quelle mani sporche, nodose e contorte. Le stesse che le avevano coltivate e raccolte. Il taglio della luce mi ricorda Caravaggio e la stamberga una catacomba illuminata dalla candela. 

Povero Van Gogh! Nessuno amò e capì quel dipinto. Nessuno lo vide come un manifesto, una fotografia della dignitosa sofferenza dei molti che ancora si guadagnavano ogni giorno il pane, anzi la patata, da mangiare alla sera. E, ancora peggio, nessuno amò e capì Van Gogh.

M. Garascia


Le persone cercano curiosità degli artisti, quando diventano 'maledetti'. E' sufficiente andare sul computer. Quello che manca è la critica del "mestiere", il contributo pittorico. Di questo hanno parlato a lungo De Chirico e altri nella storica rivista valori plastici.
Van Gogh ad esempio usa quella pennellata a curve per gli sfondi. E fa utilizzi diversi del giallo cromo, ora decorativi, ora drammatici. Scade, per esempio, nei cerchi della Notte stellata che sembrano uscire dal dipinto senza prospettiva. Lui stesso se ne accorse. Lo stesso si può dire della modestia de La cameretta, dove si confonde la pittura con il fascino della povertà...

Van Gogh, "Notte stellata"
Van Gogh, "La cameretta"
(cliccare le figure per ingrandire)
Accade così con i pittori maledetti, sono artisti che muoiono giovani. ​
Modigliani è affascinante ma un po' 'ruffiano' con i nudi delle sue modelle. Diverso Van Gogh: dipinge mille quadri, e anche lui forse qualche volta accontenta il mercato (Ricordo la sua gioia per quella prima vendita fatta dal fratello Theo...).
I critici hanno notato una certa difficoltà di Van Gogh nel disegno, che non ama soffermarsi sulle persone. Il quadro da me scelto dei girasoli, per me è unico. Ci sono tante pennellate diverse. Se "scannerizzato" finisce per diventare astratto. Dove sembra anticipare la pittura successiva è nella soluzione "astratta" dei campi di grano. E' una soluzione dove il blu del cielo "preme" sul giallo compatto delle spighe. Qualcosa di simile ha fatto Morlotti con le sue rocce.
Van Gogh, "Campo di grano con corvi"
Morlotti, "Rocce"
(cliccare le figure per ingrandire)
Ma Van Gogh è sempre stato così? 
No. Nei primi disegni e quadri, quand'era in belgio, si vede "l'imbarazzo" della matita e un inizio tutto grigio e nero. 
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Vincent Van Gogh, "Donne che portano sacchi di carbone", 1882
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Il dubbio: dalla mente alla tela.

1/3/2016

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Le ginestre sono fiorite. Devo mettere le patate, che hanno già gli "occhi". 
Il tempo corre, anche più della zappa che prepara i solchi. Ho quella sensazione di non poter stringere tra le mani le mattine e le notti. Vado da una camera all'altra. I perimetri del mio cammino sono sempre gli stessi.  Mi porto dietro pennarelli, matite rosse, matite blu, cellulari e agende dove pinzo foglietti con date sbagliate. Questo "dovere" di pinzare il foglietto nuovo con gli impegni del giorno dopo è sempre rispettato. Anche alle due di notte.
​E' solo "ansia del dovere"? 
Se rifletto, guardo con sospetto l'affrancatrice che toglie ogni sorpresa. Sono stanco di darmi degli ordini. Credo di essere un leader, in realtà sono il segretario di me stesso.
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"Ritratto di un vecchio contadino" - Vincent Van Gogh, 1888
Ho come amico un gatto. Mi conosce molto bene. Dorme giornate intere passando dal mio golf, alla poltrona, al mio letto... Un modo così diverso di intendere la vita! Quando sono riposato, il dubbio è provocazione di conoscenza. Se sono stanco, non mi dà quiete.
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"Melancolia" - Edvard Munch, 1894-1895 - olio su tela cm. 81 x 100,5 cm.
Così è accaduto che in questi due giorni abbia dipinto un quadro dal  titolo "Anguille e dubbi". Tutti e due ti scappano di mano. Ho perso la certezza che sia riuscito. Lo  posso giudicare solo io nella sua fragilità, piuttosto che negli aspetti risolti. 

Tutto questo è molto triste. Fuori dalla finestra è arrivato il sole e io capisco che dovrei spegnere questo computer. Buttare via l'agenda e andare nell'orto a togliere le verze da tagliare sottili e condire con olio, aglio e acciughe tritate.
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"Le penseur" (il pensatore), Auguste Rodin, 1880 - 1902 - Fusione in bronzo, cm. 200×130×140
Quando si arriva ad una certa età, ti senti di poter dire tutto. Gli inglesi ricordano "Non c'è pazzo più pazzo di un vecchio pazzo". Io sogno mareggiate. E non sarebbe brutto vivere sotto le coperte,  in quest'ebbrezza logica, se non mi accorgessi che ho bevuto l'alcol del tempo. Mi metto seduto, prendo la penna e comincio a tracciare le righe e i nomi del mio possibile testamento. 
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    Guglielmo Spotorno

    Chiamato Gugi, è più cellese che milanese.
    ​Da bambino, da ragazzo, da grande. Qui ha incontrato Agata, che ha sposato, qui sono nati i primi disegni e da questa e dal suo vento sono nate le sue poesie, che lancia in aria come aquiloni. Anche colori e dipinti nascono da questo mare e da questo sole.

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