Sono due mesi che non dipingo. Vivo borderline tra il problema di non creare e quello di pensare e scrivere troppo. A volte 'divoro la vita' e cammino dalla mia agenda al telefono, al computer. Sono stato due volte al mare, sufficienti per ritrovare fantasia e colore e ho dipinto e ripreso questi quadri in 2-3 giorni.
In questi giorni ho preso tele e pennelli e ho dipinto come può essere la mia morte. E' un periodo inquieto e dipingere è l'unico modo per esprimerlo con pudore, mistero e un po' di rabbia. Gli altri quadri sono due 'Autoritratti" e due 'Muri'.
Si capisce come la felicità sia qualcosa di relativo. Sono tornato da Megève, che sembrava un traguardo. Una volta raggiunto, ti fa dire: «Tutto qui?». Qualcosa di simile accadeva con gli esami, così temuti da preparare sulla sedia ai piedi del letto persino le calze e due fazzoletti. E poi andavo a piedi sino a piazza Sant'Ambrogio. Sempre a piedi, secondo un 'rito' che mi faceva scegliere anche il marciapiede e il punto esatto dove attraversare piazzale Baracca. E ora, come allora, mi chiedo: «Tutto qui?». Salgo nello studio a rimettere a posto, a ritrovare tele e pennelli. E a chiedermi: «E ora?». Dopo Megève, Torino... e dopo? Venezia. Sono stanco, e provo a mettere un po' d'ordine nella "quadreria". Molte tele di anni diversi. Ne vengono fuori due, dimenticate là in fondo. Le tiro fuori, le metto contro il muro e penso: «Dio come sono belli!». Dolorosi, hanno dentro l'energia del dolore vero. Rifletto: «Guglielmo tu sei quello li e l'altro è tuo figlio. L'hai dimenticato, l'hai messo nella quadreria». Solo un momento dopo l'artista riprende il suo posto. E mi son detto: «Dio, come dipingevi bene, e che forza!» clicca sui quadri per ingrandire Tu saprai dipingere ancora così. Non importa se nessuno li vorrà mai comprare e neppure ereditare... perché nessuno si mette in casa il dolore, e soprattutto il dolore di un altro. E mi viene in mente anche la poesia "Ideal standard", che nessuno capisce, perché nessuno può capire, visto che è stata una questione privata tra me e un foglio bianco. Oggi la racconta Guido Ruberto e Nick la ambienta in un lavandino bianco secondo una logica surreale. Non hai bisogno di pensare ad un pittore "maledetto" come Bacon, la parte a sinistra di "Bordeline 2" la può dipingere solo un grande Maestro. E io mi chiedo, come può essere che la stessa mano dipinga il vasetto di fiori o "Mare forza 7", e quel "grumo" di paure spiate dallo psichiatra, dall'infermiere, dal padre in camice bianco? E l'altro? Un ingranaggio che si auto distrugge diventando una giraffa, mentre il teschio spia. Di traverso.
Oggi mi hanno telefonato: "In America è 'esploso' Van Gogh". Van Gogh non è un fuoco d'artificio. E' un esempio di 'divina pazzia'. Un privilegio di chi veniva baciato dalla divinità. Si chiamava Theia ed era la capacità intuitiva di cui scrive Platone. Qualcosa di simile accadeva a Pizia, sacerdotessa di Apollo e oracolo di Delfi.
Mi faccio una domanda: "Van Gogh osserva o prevede?". Penso tutti e due.
Guardate i suoi occhi. Sono anche 'peggio' di quelli di Picasso. Hanno la voracità del falco, però c'è dentro tutto il dolore di chi osserva fuori e dentro se stesso. E questo non accade solo negli autoritratti, ma anche in quelle opere dove il suo dipinto può sembrare decorativo.
Questo fiore, così diverso da altri girasoli, aggredisce quasi fosse carnivoro. Van Gogh si è tagliato l'orecchio ma taglia anche la vita, entra nella sofferenza. Questa piccola opera di 61x43,1 cm., un semplice fiore, è più drammatica della grande tela (297x400 cm.) di Soutine, Bue squartato.
E' un atto di accusa contro la vita.
Al di là di queste suggestioni che nascono dalla natura, Van Gogh va oltre. In altre poche opere il suo occhio cattura l'uomo, ma è sempre e solo lui. Gli uomini ne La ronda dei carcerati sono tanti autoritratti prigionieri di un cammino senza inizio né fine.
Anche più drammatico, se può esserlo, sono I mangiatori di patate in cui uomini e donne non sono altro che un Van Gogh che 'cattura' sé stesso. Lo si intuisce dal luogo (il carcere, la cantina), dai colori (nero e grigio) e dai titoli. Non vuole lasciare una sola fessura, quasi che la pazzia fosse proprio questo: il 'piacere' di non poter fuggire.
Ho chiesto all'amico Mauro Garascia, che da tanti anni naviga ogni giorno con me nel mare burrascoso dell'arte e della finanza, un pensiero su I Mangiatori di patate. Eccolo.
Era il 30 aprile 1885.
In una delle oltre 600 lettere di Vincent al fratello Theo, riflettendo su I mangiatori di patate, così scriveva: "Ho cercato di sottolineare come questa gente che mangia patate al lume della lampada, ha zappato la terra con le stesse mani che ora protende nel piatto, e quindi parlo di lavoro manuale e di come esse si siano onestamente guadagnato il cibo. Ho voluto rendere l'idea di un modo di vivere diverso dal nostro di gente civile. Quindi non sono per nulla convinto che debba piacere a tutti o che tutti lo ammirino subito." .... "Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti - va bene, non è malsano; se una stalla sa di concime - va bene, è giusto che tale sia l'odore di stalla; se un campo sa di grano maturo, patate, guano o concime - va benone, soprattutto per gente di città". Per il Van Gogh predicatore, per lui che aveva la missione di convertire i derelitti, la cena di quei poveri contadini è come un'eucarestia. Il pezzo di patata bollita offerto è un'ostia consacrata dal sudore e dal duro lavoro di quelle mani sporche, nodose e contorte. Le stesse che le avevano coltivate e raccolte. Il taglio della luce mi ricorda Caravaggio e la stamberga una catacomba illuminata dalla candela. Povero Van Gogh! Nessuno amò e capì quel dipinto. Nessuno lo vide come un manifesto, una fotografia della dignitosa sofferenza dei molti che ancora si guadagnavano ogni giorno il pane, anzi la patata, da mangiare alla sera. E, ancora peggio, nessuno amò e capì Van Gogh. M. Garascia
Le persone cercano curiosità degli artisti, quando diventano 'maledetti'. E' sufficiente andare sul computer. Quello che manca è la critica del "mestiere", il contributo pittorico. Di questo hanno parlato a lungo De Chirico e altri nella storica rivista valori plastici.
Van Gogh ad esempio usa quella pennellata a curve per gli sfondi. E fa utilizzi diversi del giallo cromo, ora decorativi, ora drammatici. Scade, per esempio, nei cerchi della Notte stellata che sembrano uscire dal dipinto senza prospettiva. Lui stesso se ne accorse. Lo stesso si può dire della modestia de La cameretta, dove si confonde la pittura con il fascino della povertà...
(cliccare le figure per ingrandire)
Accade così con i pittori maledetti, sono artisti che muoiono giovani.
Modigliani è affascinante ma un po' 'ruffiano' con i nudi delle sue modelle. Diverso Van Gogh: dipinge mille quadri, e anche lui forse qualche volta accontenta il mercato (Ricordo la sua gioia per quella prima vendita fatta dal fratello Theo...). I critici hanno notato una certa difficoltà di Van Gogh nel disegno, che non ama soffermarsi sulle persone. Il quadro da me scelto dei girasoli, per me è unico. Ci sono tante pennellate diverse. Se "scannerizzato" finisce per diventare astratto. Dove sembra anticipare la pittura successiva è nella soluzione "astratta" dei campi di grano. E' una soluzione dove il blu del cielo "preme" sul giallo compatto delle spighe. Qualcosa di simile ha fatto Morlotti con le sue rocce.
(cliccare le figure per ingrandire)
Ma Van Gogh è sempre stato così?
No. Nei primi disegni e quadri, quand'era in belgio, si vede "l'imbarazzo" della matita e un inizio tutto grigio e nero.
Nel Surreale l'idea cammina lentamente, quasi in attesa della successiva. Si aprono tante strade sulla tela. Ci si ferma e anche si torna indietro. Per me, è l'arte del dubbio.
Nel Pop invece (vedi 'I signori di Bruxelles'), ci si butta di getto per raggiungere la sorpresa. E' chiaro che il Pop ha vita breve perché invecchia come tutte le prime emozioni. Questo dipinto fa parte di una raccolta che si intitola Fuori di testa.
La natura è stata ed è 'compagna' di molti miei dipinti.
A volte la indago con la lente. A volte la vivo in modo violento. Non come la vedo, ma come la immagino. In fondo al mare... ...o nei prati e orti visti da bambino. Altri dipinti, nascono da un sogno di trasparenze marine e vegetali. Qualcuno mi ha scritto che non devo dimostrare niente. Sono d'accordo, ma vorrei far capire che il mio modo di dipingere si lega a due aspetti del mio carattere. Il vedere e il pensare. Quando un quadro, e non solo, distrugge un'amicizia. E quale amicizia! Era il 1888, Paul Gauguin aveva ritratto il suo amico Vincent mentre dipingeva un vaso di girasoli. Quando Van Gogh vide il quadro, stupito ed offeso, esclamò . "Sono proprio io, ma diventato pazzo". Paul Gauguin: Van Gogh mentre dipinge i girasoli cm. 73x91, 1888, Amsterdam - Van Gogh Museum. L'ira di Van Gogh non ha ragione artistica: il dipinto dell'amico è di straordinaria bellezza e supera le sue opere del periodo di Haiti. Paul Gauguin: Nafea faa ipoipo (Quando ti sposi?) cm 101x77, 1892 - Fondazione svizzera. C'è invece una ragione rappresentativa: Gauguin dipinge Van Gogh con il naso schiacciato e con un occhio fisso, che fa pensare a uno 'squilibrato'. Vincent ne soffre tremendamente e quattro giorni dopo tenta di aggredire Paul con un rasoio. Poi si taglia una parte dell'orecchio sinistro e lo invia alla sua amica Rachel, una prostituta di Arles. Ecco il quadro che, probabilmente, Vincent era intento a dipingere mentre Gauguin lo ritraeva. Vincent Van Gogh: I girasoli, cm 98x69 , 1888 agosto/settembre Il quadro andò distrutto a causa di un incendio a YOKOHAMA, in Giappone, nel 1945. Di girasoli, poi, Van Gogh se ne intendeva abbastanza. Provate a dare un'occhiata a questa meraviglia! Vincent Van Gogh: Due girasoli, 1887 cm. 61x43,1 New York - Metropolitan Museum of Art. Il buon Vincent, forse, pensava di non meritarsi un volto da 'pazzo', soprattutto da colui che all'epoca considerava il suo miglior amico. Aveva già dato buona prova della sua arte, anche se nessuno lo aveva ancora capito! Capita anche nelle migliori famiglie! Ecco un esempio, proprio di quel famigerato anno. Vincent Van Gogh: Caffè di notte, cm. 70x89, 1888 New Haven - Università di Yale. Per fortuna che, circa cento anni dopo, qualcuno si accorse che quei fiori di Van Gogh qualcosa valevano! Il 30 marzo 1987, a Londra, Christie's ha venduto "I Girasoli" per 22,5 milioni di sterline (circa 50 miliardi dell'epoca). Record assoluto, fino a quel momento, per un dipinto battuto in un'asta. Ad acquistarlo fu la compagnia di assicurazioni Yasuda, del magnate giapponese Yasuo Goto: bel colpo! Ringrazio il dott. Mauro Garascia per un testo così interessante e, per alcuni aspetti, inedito. Garascia non è solo un amico, ma anche un raffinato studioso d'Arte. Guglielmo Spotorno, nota a margine.Il testo dell'amico Garascia è così interessante ed equilibrato che torno a Van Gogh. Lascio correre la penna, parlo più di me che dell'Arte di questo Maestro e faccio alcune riflessioni su altri artisti. A volte penso di raccontarmela, di scrivermi addosso... altre mi dico: "No, sei bravo, hai quasi sempre qualcosa da dire". Ecco che parlo da solo. Fa così caldo che le cicale non si fermano mai e non danno spazio al canto degli uccelli, le galline non fanno più uova, i pomodori maturano in una giornata... il gatto è magro e sta nascosto tra i bambù. Ho terminato, almeno per oggi, lo studio di alcuni quadri di Van Gogh e comincio a credere che solo in pochi reggano il confronto con questo genio. 'Spazzo via' anche miei miti, sospesi da tempo, come Bacon e Lucian Freud e altri Espressionisti del centro Europa che avevano affrontato il progressivo morire. Ricordo James Ensor nell'opera Skeletons disputing a smoked herring. James Ensor: Skeletons disputing a smoked herring, cm. 16x21.5, 1891 Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique, Brussels Ma in quel quadro di Van Gogh dove i girasoli seccano, si disfano tirando fuori colore, olio e respiro... la morte è visitata quasi di nascosto. Di seguito penso a Munch. Ho visto opere poco conosciute a Oslo e Berggruen, anche lui è un 'grande'. Ma forse, è più intenso nel paesaggio. Ne L'urlo, anche se riassuntivo di una sorpresa disperata, 'domina' quel cielo rosso e l'indifferenza delle due persone che camminano dietro. Edvard Munch: L'urlo, cm. 91x73.5, 1893 Galleria Nazionale - Oslo Andate a vedere il dipinto di Munch, quadro poco conosciuto, dal titolo L'assassino. Edvard Munch: L'assassino, cm. 94.5x154, 1910 Munch museet - Oslo La sua genialità è nel mostrarlo in pieno sole, con un bavaglio sul viso e a lato rocce scomposte, bianche e informali che partecipano al dramma. Sulla sinistra il rivolo di sangue e là, lontano, un paesaggio piccolo piccolo, come dipinto da un bambino. Ritengo quest'opera superiore a L'urlo, anche se meno popolare. Come un altro dipinto, che desidero segnalare: L'isola. Edvard Munch: L'isola, cm. 99 x 108, 1901-2 Collezione privata. Questo è sintesi di mistero e solitudine. Mi ricorda l'Isola dei morti di Böcklin. Arnold Böcklin: L'isola dei morti (prima versione),cm. 111x115, 1880-1886 Kunstmuseum Basel Dallo studio di questo dipinto inizia la mia tesi in Estetica Metafisica. E adesso me ne vado a bere un bicchiere d'acqua.
Ieri notte, in una ricerca su internet, ho rivisto un dipinto di Van Gogh: 'Aringhe affumicate'.
Io che dipingo, nel vedere quest'opera, ho provato stupore e tristezza. Lo stupore di come Van Gogh riesca a 'distruggere' con il pennello un soggetto figurativo, recuperandone il dramma dal nulla. Parliamo di due aringhe affumicate!
De Chirico e Casorati (dimentichiamo per un attimo Morandi) hanno tentato qualcosa di simile. De Chirico negli 'Interni metafisici', con i biscotti di Ferrara.
Felice Casorati ha riproposto l'azzardo nel 'Cestino con uova e rape'.
Penso che Van Gogh non appartenga né al post-impressionismo, né ad altri movimenti. Ha scritto un Manifesto per lui solo, dove nessuno riesce a capire quella pennellata, a volte ondulata, a volte 'buttata' con violenza sulla tela.
Rembrandt, nell'opera 'Bue macellato' del 1655, esposto al Louvre, anticipa Van Gogh, che è il più 'vicino' al mio piccolo programma artistico.
Oltre allo stupore, provo tristezza per me stesso. Nel confronto potrei lavare i pennelli a questi due grandi Maestri. A pensare così nessuno dovrebbe più dipingere, ma andare in giro con la macchina fotografica. Forse ci dà più serenità dimenticare che esistano questi capolavori, sconosciuti a molti. Il motivo di disattenzione è proprio nella scelta di un modesto soggetto. Questi artisti dipingono il 'poco'. Così tutti corrono a vedere le famose 'Ballerine' di Degas o le 'Ninfee' di Monet.
Ho finito. Non posso convincere tutti a diventare fotografi. Ci sono e ci saranno sempre pittori.
Frammenti critici.
Se allontano le mie tele dal confronto con questi capolavori, ho la speranza che almeno nella critica pittorica non sia proprio uno che lava piatti e pennelli:
Tornerò, e parleremo d'arte. Sono stanco.
In questo periodo mi sembra inutile dipingere vasi di fiori, limoni, melograni, paesaggi e fondali marini. Sento che un artista deve entrare nel mondo, nella sua sofferenza, anche con ironia. Victor Hugo diceva: “La libertà comincia dall'ironia”. Ora seguo due strade. In una dipingo I signori di Bruxelles e Migranti a XXmiglia. L'altra è quella delle inquietudini notturne. Sento di avere l'amo in bocca e mi domando: "Quanto passerà prima che la morte mi tiri a bordo?". Giovanni Poggi delle Ceramiche San Giorgio di Albisola, mi ha fatto dono di una piastrella che riproduce in serigrafia questo mio disegno, fatto all'età di 12 anni. Non solo è stato una sorpresa, ma una gentilezza inaspettata. L'ho incontrato solo tre volte, ma Poggi lo si conosce da subito. Immediato anche con i suoi silenzi. Se lo vedi da lontano, lo puoi prendere per un John Wayne di Albisola, ma se parli con lui, è tutt'altra cosa. Non è un 'divo' e neppure ha una Colt, ma 'spara' delle schioppettate con cartucce caricate a sale. Poche parole, e non risparmia nessuno, soprattutto i politici. Sento in lui il piacere di dire sempre cosa pensa, con il gusto di essere più 'contro' che 'con'. E' un uomo buono e porta sul viso i segni di chi ha visto tutto e tutto ha amato: l'arte, la caccia, la bicicletta e le belle donne. I muri del suo laboratorio di ceramica sono antichi e così spessi che nessuno lo può disturbare con il cellulare. E poi c'è il forno, che ama e odia. Lui mette le sue ceramiche, ma non sa mai come vengono restituite. Guarda in alto e ripete: "Il forno ha sempre l'ultima parola!". "Non so neppure cosa sia un computer e se devo scrivere uso la matita. Poche volte, perché con me tutto è sulla parola". Ci guardiamo negli occhi e ci stringiamo la mano, quasi per un patto, ma soprattutto per capire chi ha le dita più forti. |
Guglielmo SpotornoChiamato Gugi, è più cellese che milanese. Archivi
October 2021
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