Milano è il West, e nel West non credo che si andasse con l'intenzione di estrarre, si estraeva e basta! Mi vengono in mente gli occhi azzurri di Hanry Fonda sotto il rasoio del barbiere.
E a Milano non c'è ora per andare dal Barbiere, per farsi fare un massaggio a quattro mani. Non c'è ora per mangiare. Come nel West: anche là si arriva a mezzogiorno o al tramonto e c'è sempre una fondina di zuppa di fagioli, da mangiare lentamente, da sotto il cappellaccio.
Milano sembra una città affamata, a tutte le ore. Poveri ciclisti di tutte le lingue, e di tutte le pelli, si radunano come gabbiani vicino ai Mac Donalds per portare a comando di voce. Big Mac, Sushi, e poi ad uno ad uno, saliti su quelle povere bici pedalano via lenti, un po' rassegnati e un po' ribelli, contro quelle gole di capricciosi che mangiano fuori orario.
Magri, svelti e silenziosi tutti camminano guardando lontano, sopra le teste di chi gli viene incontro, senza incrociare gli sguardi. Cosa fissano là sopra? Il denaro o l'amore? Per me il denaro. Il denaro a Milano non dorme mai, passa di mano e in mano come nei quartieri dei cinesi e degli ebrei in "C'era una volta l'America", e tutti a mettere le esche dello 'charm pricing': mai uno zero per ultimo, ma sempre solo un 9, un'esca per far sembrare che in fondo "tutto è possibile!".
A Milano ormai nessuno chiede o deve dare spiegazioni: c'è quella libertà di dire: "Io vado, cammino, corro, rallento, mi fermo..." ma nessuno mi chieda: "Ma dove cazzo vai? Il mio nome è Nessuno!"