Guglielmo Spotorno
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Milano è il west... e il mio nome è nessuno.

11/5/2019

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Sono andato a Milano, la mia città. Ho i piedi nella terra e gli occhi al mare della Liguria, ma Milano mi riprende appena torno sulle sua sponda. Ieri era la giornata degli Alpini: tanti, più di 500.000 hanno occupato Milano con dignità, anche silenziosa, anche se qualcuno se li immagina solo bere direttamente dalla botte. Beh, non è così. Io, Davide e Gloria abbiamo attraversato in auto una via Dante invasa,  grazie a un giovane alpino biondo che si è messo di traverso; ha bloccato la gente,  compagni e sconosciuti e facendo grandi gesti con la mano ha urlato: "VAI, VAI! VIA, VIA!"... e noi siamo sfilati via, attraverso un fiume di penne sul cappello. ​
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Questo episodio non si sarebbe fermato nella mia memoria se quell'alpino giovane e sfrontato non avesse tenuto in mano un grande boccale di birra schiumata. Alpino con Birra? Una inquadratura da Sergio Leone, con il 'biondo', un Terence Hill fatto in casa, deciso  a fermare il 'mucchio selvaggio' a Milano.
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Milano è il West d'Italia. Una opportunità per tutti e per nessuno. La città ti attrae e ti respinge. Ti dice: "Vieni avanti, c'è pane e festa per tutti". E mentre ti dice questo ti fa vedere una Ferrari tutta nera parcheggiata in una viuzza dietro a largo Cairoli, o una bellissima donna in Ripa Ticinese, quasi seduta sulle sue gambe lunghissime, metà del viso nascosto nei lunghi capelli biondi. La nostra  Lexus  va così piano che scenderei per portarmela via. E lo farei, anzi l'avrei fatto anni fa,  ma ora è solo intenzione, e a Milano con le intenzioni non si va da nessuna parte. 
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Milano è il West, e nel West non credo che si andasse con l'intenzione di estrarre, si estraeva e basta! Mi vengono in mente gli occhi azzurri di Hanry Fonda sotto il rasoio del barbiere.
E a Milano non c'è ora per andare dal Barbiere, per farsi fare un massaggio a quattro mani. Non c'è ora per mangiare. Come nel West: anche là si arriva a mezzogiorno o al tramonto e c'è sempre una fondina di zuppa di fagioli, da mangiare lentamente, da sotto il cappellaccio.
Milano sembra una città affamata, a tutte le ore. Poveri ciclisti di tutte le lingue, e di tutte le pelli, si radunano come gabbiani vicino ai Mac Donalds per portare a comando di voce. Big Mac, Sushi, e poi ad uno ad uno, saliti su quelle povere bici pedalano via lenti, un po' rassegnati e un po' ribelli, contro quelle gole di capricciosi che mangiano fuori orario. 
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Fitness, Fashion, Food. Eppure se mi guardo attorno vedo tutti 'spietatamente' magri.
Magri, svelti e silenziosi tutti camminano guardando lontano, sopra le teste di chi gli viene incontro, senza incrociare gli sguardi. Cosa fissano là sopra? Il denaro o l'amore? Per me il denaro. Il denaro a Milano non dorme mai, passa di mano e in mano come nei quartieri dei cinesi  e degli ebrei  in "C'era una volta l'America", e tutti a mettere le esche dello 'charm pricing': mai uno  zero per ultimo, ma sempre solo un 9, un'esca per far sembrare che in fondo "tutto è possibile!".
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La Lexus va lentamente e posso vedere bene le persone sul marciapiedi in slow motion. E io guardo, sempre, partendo dai piedi. Centinaia di piedi che confermano le mie 'analisi sociali' dei ricoverati o ricoverandi dell'Ospedale San Raffaele. L'ho lasciato oggi alle 14. La Gloria mi chiede dispettosa: "Ma lei dottore va al San Raffele per fare il suo tagliando personale, 250.000 km o...  per vedere le scarpe della gente?". Oramai la Gloria si è presa casa a Milano e anche lei, da mite salvadoregna, è diventata 'aggressiva' cittadina. E io? Io sono il suo navigator a vita!         ​
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Tornando ai piedi: ho visto tutti che vanno in scarpe da tennis, comode, con infinite varianti di colore e di stoffe... che quindi da tennis non sono. Questi 'calzari', sempre senza tacchi, cercano di aggredire il cammino uscendo da pantaloni stretti, a misura di caviglia. Guerra al cuoio? O rispetto per  vitello, montone e persino del capretto, suggerisce Gloria, che è sdraiata nel sedile posteriore della Lexus.
​A Milano ormai nessuno chiede o deve dare spiegazioni: c'è quella libertà di dire: "Io vado, cammino, corro, rallento, mi fermo..." ma nessuno mi chieda: "Ma dove cazzo vai? Il mio nome è Nessuno!" 
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    Guglielmo Spotorno

    Chiamato Gugi, è più cellese che milanese. Da bambino, da ragazzo, da grande. Qui ha incontrato Agata, che ha sposato, qui sono nati i primi disegni e da questa e dal suo vento sono nate le sue poesie, che lancia in aria come aquiloni. Anche colori e dipinti nascono da questo mare e da questo sole.

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