Guglielmo Spotorno
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Via Sant'Antonio

20/2/2018

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Zia Ester
Questi gli antenati, non famosi per ricchezza e cultura,  ma per avventura, coraggio e lodi al Signore. 
Quando li guardo nelle vecchie fotografie, mi sembrano degli ex voto, poi... sento il coraggio di disputare battaglie su tutti i fronti, soprattutto con quei  "prepotenti" che galleggiano, qua e là, ammorbando l'acqua, sino al punto di far scappare anche le anguille. 
Ora, in via Sant'Antonio ci sono pizzaioli, pescivendoli, panificatori, ristoratori, là dove una volta abitavano famiglie, artigiani e commercianti semplici, che 'rispettavano il loco storico' che la fortuna aveva assegnato al loro lavoro. 
Ora, questo luogo è un valore storico portato alla luce dal Prof. Bruzzone, quasi tradizione "nobile" del piccolo paese.
Ormai  contano solo  "e palànche chi se mèttan  in tu cascettu" ... Osservazione ingenua, alla quale lo sprovveduto  potrebbe chiedermi:  "ma Lei, non fa altrettanto?".
Si prenderebbe una doccia gelida proprio ora, che siamo sotto la tramontana e le mimose devono ancora venire.
Un po' di ironia su noi stessi...non fa mai male.
Mio figlio Franco  ha grandi meriti come suo nonno Francesco detto Franco, a Celle: "Checchin", ma è un bisonte della cultura, anzi un cinghialone che carica a testa bassa  la "historia" di via Sant' Antonio.
Meriterebbe di vivere in un supercamper teutonico, tra  sottilette Kraft, bastoncini Findus e le solite mazze da golf, che non mancano mai. Per fortuna ci sono Antonio, e anche Riccardo che, in modo diverso, tengono in gran conto  penati e lari degli antichi avventurieri e  donne di religione del passato. ​Noi, Spotorno, abbiamo un passato 'eroicamente povero', e storicamente bizzarro: il bisnonno Domenico, già "navigatore  per fame" a soli 16 anni, come mozzo. Si chiamava anche  'Gamba Dura'. La moglie Giulia Mordeglia, austera e magra sempre vestita a lutto, ha sgravato uomini e donne: donne che si sono affidate alla Misericordia di Dio per fede e anche per fame, e due uomini, Franco e Giovanni, che hanno 'ribaltato' una condizione di povertà. Quando è nata l'ultima figlia Ester, nella casetta 'nobile' di Via S. Antonio, si è festeggiato con SETTE fette di salame. Una a testa.
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Domenico "Gamba dura"

La Via Sant'Antonio e Casa Gambetta in celle.

Di Gian Luigi Bruzzone
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Celle Ligure, via Sant'Antonio
La Via Sant'Antonio in Celle è certo fra le più antiche del borgo: in discreta pendenza collegava le prime alture della Costa con il piano alluvionale, ossia con il torrente Ghiare e con la strada che gli correva parallela, prima della copertura del torrente stesso. Il titolo del caruggio risale alla delibera assunta nella tornata del consiglio comunale del 2 settembre 1867, mentre era sindaco Carlo Biale e fu così chiamata per la statua di Sant’Antonio, armoniosa scultura di marmo bianco  alta circa un metro, collocata nella nicchia sulla prima casa a sinistra. Il nome originario era  Vico Calabrache, come documentano alcuni antichi rogiti notarili. Questo bizzarro toponimo, riferibile ad etimologia araba è certo d'uso antico, ed è presente in altre località rivierasche. Esso significa cinta fortificata (cala = fortificazione, brag = recinto).
Appare evidente, per tanto, l'antichità di questa strada e delle abitazioni che le si affacciano, in particolare verso settentrione. Di fatto le case, a parte il primo immobile ricostruito nel primo Novecento dalla famiglia Vernazza (civici numeri 11, 13, 15) hanno mantenuto una struttura antica, sia nella cubatura, sia nella suddivisione interna dei locali, sia soprattutto nel notevole frazionamento di proprietà: in genere non più di due aperture, ossia finestre, in facciata per ogni unità abitativa. Le poche case ubicate a mezzogiorno inoltre conservano ancora vestigia di orti e di cortili.
Con la costruzione del nuovo tracciato della via Aurelia negli anni Trenta del Novecento, il rione subiva parecchi adattamenti, fra cui l'innalzamento del condominio in fregio alla nuova strada nazionale, alle spalle di Via Sant’Antonio, nel terreno rimasto libero e divenuto di comodissimo accesso, fino allora utilizzata come orto.
Nel corso dell'Ottocento - fra cui nel 1888 - era avvenuto il contrario, perché si era demolito anziché costruito: lo spiazzo alla confluenza delle vie Ciambrini e Sant'Antonio risale appunto a tale intervento, quando per conferire maggior ariosità ed igiene al tessuto urbano fu rasa al suolo una casupola ed un pozzo, la cui scarsa acqua sapeva di salmastro e poteva scatenare il tifo.
Il negozio oggi contrassegnato dal civico 9, sede di una pizzeria, in precedenza di una libreria (dal 2006 per pochi anni), di una lavanderia e prima ancora utilizzato quale magazzino dell'Albergo ‘Impero’ aveva ospitato all’inizio del secolo scorso la prima officina per l'automobile aperta in paese per iniziativa di Santino Cerisola (1901-89): sotto il pavimento si apriva un lungo e stretto spazio accessibile tramite alcuni scalini per ispezionare e lavorare la meccanica sotto le automobili. 
Questo immobile, pur nella facies modesta con cui si presenta, conforme agli altri immobili della strada del resto, appartenne per varie generazioni alla famiglia Gambetta, da ultimo ai coniugi Battista Gambetta e Benedetta nata Galleano, genitori di Paolo, Michele, Giuseppe e Teresa. Giuseppe Gambetta (1814-90) fu padre di Lèon Michele Gambetta (1838-82) e di Benedetta (1840 -1931). Egli emigrava fanciullo in Francia e vide premorirgli il figlio Leone, celeberrimo avvocato e politico della Repubblica francese. Il ragazzo venne qualche volta a Celle e volle visitare la casa dei propri avi, con gusto e con soddisfazione, non senza confidare per lettera alla madre le proprie commosse impressioni. Sul prospetto di questa casa avita della famiglia Gambetta, lo stesso giorno nel quale si inaugurava in Nizza il monumento a Léon Gambetta, il municipio cellasco faceva murare una minuscola lapide con questa iscrizione: 
In questa casa dei suoi avi
nacque il 27 settembre 1814
e vi abitò lungamente il
padre di Leon Gambetta.
Celle Ligure, il 25 aprile 1909.
Con l'estinzione del ramo diretto della famiglia Gambetta, l'immobile fu acquisito dalla famiglia Spotorno.
Questo sito, in altre parole, rappresenta una sintesi della storia cellasca. Non soltanto per la sua vetustà, ma per aver conservato le originarie caratteristiche abitative, la vita quotidiana della gente, per suggerire – a chi possegga un briciolo di senso storico – un’idea delle modeste giornate di un tempo. Di più, il modesto immobile si collega con la grande storia a motivo di Leon Gambetta: testimonia i fitti scambi fra la Riviera, massime ponentina, le coste della Provenza e la terra di Francia. Il cuore di Leon Gambetta è onorato nel Pantheon parigino, quel cuore che in vita si trovava con frequenza coi parenti del natio borgo e ne rammentava con nostalgia l’ineffabile fascino. Da questi parenti, da questa casa era nato e traeva origine.  

Gian Luigi Bruzzone



Nota di Guglielmo Spotorno:

I muri sono muri, gli uomini sono uomini. Non ho intenzione di perdermi nella storia della famiglia Spotorno, meriti e demeriti. Mi interessa solo difendere il valore storico dei muri, anche se  si tratta di un paese. Non è importante se sia piccolo o grande. Storia e cronaca non si misurano in metri quadri.
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    Guglielmo Spotorno

    Chiamato Gugi, è più cellese che milanese.
    ​Da bambino, da ragazzo, da grande. Qui ha incontrato Agata, che ha sposato, qui sono nati i primi disegni e da questa e dal suo vento sono nate le sue poesie, che lancia in aria come aquiloni. Anche colori e dipinti nascono da questo mare e da questo sole.

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